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mercoledì 06 dicembre 2023
 

Il saluto di papà Gino: «Grazie amore per questi 22 anni insieme»

l'addio a giulia

È provato e commosso papà Gino Cecchettin quando prende la parola al termine del funerale della figlia Giulia. Parla di chi resta, lui e i fratelli, e di chi non c'è più Giulia e mamma Monica ""vi immagino strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me". Non manca un appello alle istituzioni e agli uomini in primis per combattere una piaga della società dilagante, il femminicidio

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    funerali giulia cecchettin

    «Abbiamo bisogno di parole e gesti di sapienza che ci aiutino a non restare intrappolati dall’immane tragedia che si è consumata»


    Tre le parole chiave nell'omelia di monsignor Claudio Cipolla, vescovo di Padova, durante la celebrazione nella basilica di Santa Giustina dei funerali di Giulia Cecchettin con papà Gino, i fratelli Elena e Davide e 10mila persone tra chiesa e sagrato: "attesa, speranza e amore". Una preghiera anche per Filippo Turetta e la sua famiglia

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      Is 25, 6-10; Sal.22; Mt 15, 29-37.
          

      La notizia più antica su questo santo, al di là delle vite posteriori leggendarie, risale al secolo VI; sappiamo che era nato a Pàtara (Turchia meridionale) e che l’omonimo zio Nicola, vescovo di Mira, lo ordinò prete e lui, dopo aver distribuito l’intera eredità ai poveri, fu capo di un monastero fondato dallo stesso zio. Al ritorno da un viaggio in Terra Santa, fu consacrato vescovo della sua città. Sottoscrisse a Nicea nel 325 la fede nella divinità di Cristo, proclamato consustanziale al Padre. Sarebbe poi stato imprigionato e torturato per la fede durante la persecuzione di Galerio (nel 350 circa) e sarebbe morto all’età di 65 anni nel 345 o 350. Le successive leggende lo presentano come un grande taumaturgo che liberò tre ufficiali imprigionati ingiustamente da Costantino; rese possibile il matrimonio di tre giovani povere condannate alla prostituzione, facendo scivolare dalla finestra della loro casa la dote in monete d’oro; risuscitò tre giovani e liberò dei marinai che stavano naufragando. Nel secolo XII nacque la consuetudine del san Nicola che, alla vigilia della sua festa, regala dolciumi ai bambini; ma già nel secolo IX, nel nord della Germania, il folklore pagano aveva sostituito a san Nicola “l’uomo di Natale”, fino a mutarne, in terra anglosassone, il nome in “Santa Claus”, identificato poi da noi col vecchio “Babbo Natale”. Nell’XI secolo il suo destino si incrociò con quello di Bari: 62 marinai in missione ad Antiochia di Siria, sulla via del ritorno irruppero nella chiesa di Mira (la città era stata da poco occupata dai turchi) e si impadronirono delle reliquie del santo, giungendo a Bari il 9 maggio 1087. Tutta l’Europa venne a conoscenza dell’evento, che gode di un’ampia documentazione conservata nell’archivio della basilica di san Nicola. L’enorme popolarità del santo ha fatto sì che giungano a Bari pellegrini da Occidente e dall’Oriente: quello russo ortodosso, ad esempio, è divenuto oggi frequentissimo, addirittura quotidiano.

       
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