Il libro delle Edizioni San Paolo.
La prima constatazione che vorrei fare è che Giovanni Paolo II si è personalmente recato in centinaia di luoghi in ogni parte del mondo, accolto dall’entusiasmo di innumerevoli persone. Ma oggi accade la medesima cosa con la sua reliquia, che sta viaggiando senza tregua, come a dilatare la presenza del santo Karol Wojtyła in una dimensione ultraterrena. Che riflessioni le ha suscitato questo sentimento popolare? Quali considerazioni ha sviluppato sull’eredità lasciata da Giovanni Paolo II?
S. Oder: "Per mandato del fondatore Gesù Cristo, la Chiesa esiste per evangelizzare ed è per sua natura missionaria. Giovanni Paolo II ha incarnato totalmente questo impeto dell’annuncio, diventando di fatto il più grande missionario dei nostri tempi, un vero “pescatore di uomini”. Certamente questo vale in modo particolare per il periodo del lungo pontificato. Ma la sua impostazione missionaria emerse con forza già nel fondamentale intervento che l’allora cinquantaquattrenne cardinale propose al Sinodo dei vescovi del 1974 sull’evangelizzazione, e dal quale scaturì l’
Evangelii nuntiandi, la prima esortazione apostolica di Paolo VI . Poi, da Papa, tutto ruotò attorno alle centinaia di visite apostoliche in Italia e nel mondo, mentre la forza coinvolgente della sua parola affondava le radici nell’esempio personale di vita, improntata a una carità disinteressata.
Il bilancio dei suoi viaggi è imponente e
abbraccia tutti i continenti. Ma i più impegnativi fra essi furono gli oltre venti viaggi compiuti nei territori che possiamo definire “di missione”. Tra i più lunghi e faticosi vorrei soltanto ricordare quello di dodici giorni, nell’agosto 1985, in Africa (con visite in Togo, Costa d’Avorio, Camerun, Repubblica Centroafricana, Zaire, Kenya e Marocco), e quello di quattordici giorni, nel novembre 1986, in Asia e Oceania (che lo vide in Bangladesh, Singapore, Fiji, Nuova Zelanda, Australia e Seychelles).
Il motivo che lo spingeva a sobbarcarsi l’immane sforzo dei viaggi missionari – con il loro ritmo estenuante, nei climi più svariati, con numerosi discorsi di largo respiro, affrontando anche dei rischi – era l’«urgenza dell’amore di Cristo», che san Paolo descrive nella seconda lettera ai Corinzi. Parlando, il 6 maggio 1990, nell’aeroporto di Città del Messico, Wojtyła descrisse questo suo peregrinare per il mondo come un disegno divino: «Il Signore, padrone della storia e dei nostri destini, ha stabilito che
il mio pontificato fosse quello di un Papa pellegrino dell’evangelizzazione, per percorrere le vie del mondo, portando in ogni luogo il messaggio di salvezza». Come lo stesso Giovanni Paolo II spiegò ampiamente in un discorso alla Curia romana, il 28 giugno 1980, «ogni viaggio del Papa è un autentico pellegrinaggio al santuario vivente del popolo di Dio. In questa ottica, il Papa viaggia, sostenuto come Pietro dalla preghiera di tutta la Chiesa, per annunciare il Vangelo, per confermare i fratelli nella fede, per consolidare la Chiesa, per incontrare l’uomo. Sono altrettante occasioni di catechesi itinerante, di
annuncio evangelico nel prolungamento, a tutte le latitudini, del Vangelo e del magistero apostolico
dilatato alle odierne sfere planetarie. Sono viaggi di amore, di pace, di fratellanza universale».
I viaggi del Papa, anche quelli compiuti in mezzo alle numerose popolazioni non cristiane, furono sempre essenzialmente religiosi, radicati nella fede. Celebrazioni eucaristiche e liturgiche, piene di colore e di calore, vere “feste di Dio”, con
l’annuncio del Vangelo a tutte le latitudini, che assumevano le forme più adatte all’ambiente, talvolta di prima evangelizzazione (come in Asia e in Africa), talvolta di sostegno alle giovani comunità ancora bisognose di incoraggiamento per la crescita nella fede e per l’inculturazione del Vangelo nella vita privata e nella società (Africa e Oceania), fino alle regioni che necessitano della ri-evangelizzazione (America latina ed Europa).
La complessa opera di evangelizzazione era ed è facilitata in parecchi di questi Paesi dall’apertura religiosa delle popolazioni e dal forte senso del sacro, che conosce e rispetta la figura dell’“uomo santo”. Perciò
Giovanni Paolo II veniva accolto da folle oceaniche, magari come il “guru bianco”, anche nei Paesi dove i cristiani sono un’esigua minoranza. Conservo ancora nella memoria l’immagine dei due milioni di induisti presenti alla Messa sulla spiaggia di Madras in India, oppure dello stadio di Casablanca in Marocco pieno come un uovo di islamici intenti ad ascoltare il suo coraggioso discorso".
Quei pellegrinaggi missionari avevano un deciso carattere religioso, ma erano nel contempo connotati da un aspetto autenticamente umano. Che cosa consente il medesimo risultato ora che a viaggiare è la sua reliquia?
S. Oder: "È vero, ogni suo viaggio era un pellegrinaggio verso l’uomo. Ogni uomo e tutto l’uomo era il protagonista delle sue riflessioni proposte allo stesso modo ai poveri e ai potenti: la famiglia, i giovani, gli
operai, i campesinos, gli ammalati, gli intellettuali, ogni categoria umana era al centro del suo pensiero.
Grazie a questi incontri in ogni angolo del mondo,
Giovanni Paolo II è diventato l’“uomo di Dio” per tutte le razze e le religioni, il difensore dei diritti umani, il sostegno dei deboli e degli emarginati, l’amico universale dei giovani, la più alta autorità morale del mondo. La sua carità non si esprimeva soltanto in molteplici opere di solidarietà concreta, ma anche e soprattutto attraverso quella sensibilità umana – dono che Giovanni Paolo II possedeva oltremisura – che gli permetteva di far sentire a chiunque incontrasse un amore speciale e unico.
Anche con un semplice sguardo le persone si sentivano penetrate nell’intimo: «Io non vado a incontrare le folle, ma i singoli», amava sempre ripetere. Sull’esempio di Gesù buon pastore che va in cerca delle sue pecorelle,
il santo Karol dava la precedenza al contatto diretto e personale. Ogni visita era così. Oggi i tanti che accorrono per venerarne la reliquia testimoniano il medesimo stupore. Non percepiscono una distanza fisica tra loro e Giovanni Paolo II . Nella preghiera si sentono profondamente uniti a lui. Cosicché ritengo di poter affermare che la sua figura ha superato il limite della vita terrena, mentre il suo insegnamento resta vivo e attualissimo per questa nostra umanità che continua ad aver bisogno del potente incoraggiamento «non abbiate paura!».
Egli lo gridò in piazza San Pietro con in mano la croce di quel Risorto che aveva assicurato agli apostoli
impauriti: «Coraggio: io ho vinto il mondo». Molte testimonianze riguardano esperienze di tipo
spirituale, ma tante altre mettono direttamente in correlazione la reliquia di papa Wojtyła con vicende
personali di salute.
Numerose riguardano la gravidanza, come la trentenne messicana che mi ha
scritto: «Dopo un anno e mezzo di matrimonio in cui non riuscivo ad avere un figlio, per mesi ho fatto un
sogno in cui vedevo Giovanni Paolo II al mio fianco, mentre io ero in stato di gravidanza. Poiché per me si trattava di un segno, ho chiesto la sua intercessione per poter diventare madre. Alcuni mesi dopo, la sua reliquia è venuta nella mia cittadina di Tamaulipas. La settimana successiva ho scoperto che ero incinta. Ora continuo a chiedere la sua intercessione per la salute del mio bambino».