Tutto il paese parla di lui. A iniziare dal nome: Sotto il Monte Giovanni XXIII. In questo silenzioso borgo della Bergamasca, tra l’Adda e il Brembo, da quasi mezzo secolo arrivano tantissime persone: sono 100mila all’anno, diventate mezzo milione nel 2000, l’anno della beatificazione di Angelo Roncalli, e che raggiungeranno il milione dopo la sua canonizzazione. Sono fedeli diocesani, ma anche pellegrini da ogni parte d’Italia e dall’estero.Vengono per chiedergli di intercedere per la salute di un familiare o la nascita di un bimbo, ma anche a pregare senza alcuna intenzione. C’è chi viene soltanto per simpatia nei confronti di quello che per tutti è e sarà sempre il “Papa buono”, che a Sotto il Monte nacque, in una umilissima casa di contadini, quartogenito di 13 figli.
Questo luogo,il “caro nido” dove Roncalli, da sacerdote,vescovo e cardinale, quando poteva tornava a rifugiarsi, non è più solo una meta di «pellegrinaggio un po’ randagio», per usare un’espressione del giovane parroco di Sotto il Monte, don Claudio Dolcini, ma un posto dove è possibile l’avventura dello Spirito, seguendo i passi di un itinerario alla scoperta della santità di papa Giovanni. Base di partenza è la Casa del pellegrino, complesso ristrutturato nel 2012, dove chi arriva può ricevere accoglienza e informazioni per il percorso nei luoghi giovannei. Il tutto fornito da volontari della parrocchia.
Sotto il Monte. Il Giardino della pace al termine di una Messa del pellegrino. Nella foto in alto: il cortile della casa natale di Angelo Roncalli. Il servizio fotografico è di Giovanni Hanninen.
La prima tappa non può che essere la vecchia costruzione di fine
’800, custodita dai padri missionari del Pime, dove Angelo Roncalli
nacque, al primo piano di una piccola stanza disadorna. Nei pressi
della casa natale sorge la chiesetta di Santa Maria in Brusicco: qui, il
giorno stesso della nascita, Roncalli ricevette il Battesimo e qui
celebrò la sua prima Messa. Salendo per la stessa via che, da ragazzo,
Angelo percorreva, si arriva alla chiesa di San Giovanni Battista. Si
può quindi entrare nel Giardino della pace, inaugurato nell’ottobre
scorso: un singolare spazio aperto, circondato da un recinto di barre
metalliche con diversa inclinazione, «come fosse piegato dal vento dello
Spirito che suscitò il Concilio», spiega don Dolcini, che è anche
presidente dell’Associazione Papa Giovanni organizzatrice dei
festeggiamenti per la canonizzazione. Al suo interno un “cammino”
simbolico, che ripercorre le tappe fondamentali della vita di Angelo
Roncalli, è scandito da stazioni segnate dalle parole del santo.
A quel punto si entra nel buio della cripta Oboedientia et pax, che fu il motto episcopale di Giovanni XXIII.
Silenzio e penombra invitano alla meditazione. I soli oggetti a essere
illuminati sono la stola papale e i calchi in bronzo del volto e della
mano del Papa che Giacomo Manzù creò poche ore dopo la morte del
Pontefice. Questi “guardano” il crocifisso d’avorio che Roncalli volle
con sé di fronte al letto nella sua camera in Vaticano. Dalla cripta si
entra, infine, in chiesa dove, ogni domenica pomeriggio, la Messa del
pellegrino raduna un migliaio di fedeli.
Ancora una breve salita e s’arriva a Ca’ Maitino, l’austera villa del
1600, costruita da Martino Roncalli, capostipite della famiglia.
L’abitazione è diventata per volere del cardinale Loris Capovilla, già
segretario particolare di Angelo Roncalli, una casa-museo che ospita la
maggior collezione di oggetti appartenuti a papa Giovanni. Ed è l’attuale residenza dello stesso Capovilla.
A fare da guide discrete sono le suore Poverelle del beato Luigi Maria
Palazzolo. Qui vengono famiglie, gruppi parrocchiali, anziani e tanti
giovani. Desiderano “toccare” la santità di un Papa sentito vicino,
accessibile nella fede. «Papa Giovanni per tutti è un’icona. Magari si
conosce poco della sua straordinaria vita», osserva don Dolcini, «ma s’è intuito che è un uomo di Dio; si vede in lui la presenza di Cristo. Ed è ciò che basta».