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martedì 22 aprile 2025
 
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Un uomo audace per la fede

15/04/2014  Secondo Andrea Riccardi, la vera grandezza di Giovanni Paolo II è stato «il coraggio della santità».

La canonizzazione di Giovanni Paolo II, prevista il 27 aprile, è un evento che fa rallegrare tanti cristiani e anche uomini di altre fedi. Abbiamo chiesto al professor Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il motivo per cui tanti uomini continuano a restare affascinati dal Papa polacco. «Perché», risponde, «ha parlato al cuore e ha scoperto che nel cuore dell’uomo occidentale e dell’Est europeo c’era la paura.
Ha cercato gli uomini, ha visitato tante terre quasi nel desiderio di incontrare tutti. La gente si è sentita stimata, valorizzata, cercata da questo Pontefice. È stato un Papa del Vangelo, ma anche una guida per i cattolici, i cristiani, il dialogo tra le religioni, pensiamo all’incontro di Assisi nel 1986, una guida verso la pace. Un uomo messianico».

Andrea Riccardi insegna Storia contemporanea presso la Terza Università di Roma ed è autore di diversi libri sulla Chiesa e i Papi. L’ultimo s’intitola “La santità di papa Wojtyla” (San Paolo).
Andrea Riccardi insegna Storia contemporanea presso la Terza Università di Roma ed è autore di diversi libri sulla Chiesa e i Papi. L’ultimo s’intitola “La santità di papa Wojtyla” (San Paolo).

- Qual è lo specifico della sua santità?
«La mistica identificazione con Gesù e il suo grande amore per gli altri, il desiderio profondo di servire gli uomini. Canonizzandolo insieme a Giovanni XXIII, papa Francesco proclama i due santi del concilio Vaticano II: il padre del Concilio, Roncalli, e colui che lo ha recepito nella Chiesa attraverso il suo lungo pontificato, Wojtyla. Ci propone queste due figure apicali del cristianesimo del nostro tempo».

-Tra le espressioni di Giovanni Paolo II qual è quella più significativa?

«La più famosa è “Non abbiate paura”. Io, però, ricordo un discorso meno noto al corpo diplomatico in cui disse: “Tutto può cambiare, dipende anche da te”. Un grande messaggio di speranza».

- Proclamare santo un Papa significa santificare tutto il pontificato?
«Non significa canonizzare gli atti del pontificato. Lo spiegò lo stesso Wojtyla durante la beatificazione di Pio IX e Giovanni XXIII. Certo, però, la canonizzazione getta una luce particolare su un uomo la cui vita per 28 anni è stata fare il Papa. Non che ogni atto sia stato perfetto, ma getta una luce emblematica sul pontificato di entrambi i Papi ed è significativo che Francesco abbia voluto canonizzarli insieme mostrando che Wojtyla non è l’eroe dei primati, ma un grande Papa del Novecento che ha traghettato la Chiesa nel XXI secolo».

- Ci sono caratteristiche comuni tra Wojtyla e Bergoglio?
«Si tratta di due personalità diverse.Non è però che il cristianesimo di Francesco sia un cristianesimo riservato o nascosto, vive nella città e nelle periferie, parla con gli uomini, vuole cambiare il mondo non attraverso la via della potenza. Il tempo di Wojtyla fu diverso, ma la spinta a uscire, ad amare e a non avere paura è la stessa. “Uscire” è la parola chiave di Francesco, come si vede bene dall’Evangelii gaudium».

- Molti settori della Chiesa non lesinarono critiche a papa Wojtyla, soprattutto durante i primi anni di pontificato...
«È vero, ci furono molte resistenze in Curia, nell’episcopato italiano. Si criticava il suo anticonformismo, i viaggi, l’uomo dell’eccesso, lo stile di governo. Direi che il clima, anche nell’opinione pubblica, cominciò a cambiare dopo l’attentato del 1981. E dopo il 1989, diventò quasi una figura carismatica. Anche nei confronti di Bergoglio oggi ci sono delle resistenze».

- Con la canonizzazione la Chiesa “frena” il culto della personalità?
«Ormai c’è molta distanza di tempo, il tempo del suo pontificato è ieri. I santi non nascondono mai Gesù, il popolo non ha mai paura di queste grandi figure di santità perché segnano la strada. La vera grandezza di Karol Wojtyla è stata l’audacia della santità. Un uomo audace per la fede. Questo è stato Giovanni Paolo II».

 
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