Rocco Bochicchio (foto Lavacca).
La granitica Argentina di Sabella finalista al Mondiale brasiliano richiama alla mente una singolare storia calcio di qualche anno fa. Era l’estate del 2003 e una nutrita schiera di atleti argentini approdò a Genzano di Lucania, paese agricolo di seimila abitanti in provincia di Potenza. Dalle pampas alle aspre colline della Basilicata, inseguendo il sogno di sfondare in Italia.
Molti erano reduci da interessanti esperienze nei campionati di A e B del loro Paese. Ma, la crisi economica che aveva colpito la nazione sudamericana li convinse a preparare i bagagli per cercare fortuna altrove. Certo non erano famosi come i loro connazionali Maradona, Batistuta, Zanetti, Crespo, Veron già campioni affermati dalle nostre parti; ma avevano grinta da vendere e soprattutto quello spirito indomito che da sempre contraddistingue i gauchos quando c’è da battagliare sul prato verde di un campo o di uno stadio.
Si trattò di un flusso migratorio senza precedenti, proprio a Genzano da dove nel dopoguerra oltre duemila persone partirono per le Americhe. Una sorta di legge del contrappasso, questa volta in salsa pallonara. Tutto cominciò quando un giovane sudamericano, Ever Marincioni, capitato per caso in Lucania con l’intenzione di dare una svolta alla sua carriera di calciatore, capì ben presto che non avrebbe fatto carriera. I dirigenti dello Sporting Genzano, società nata nel 1995, gli chiesero comunque di restare, avviando una sorta di collaborazione a largo raggio per scoprire nuovi talenti da inserire nella formazione che allora militava in Eccellenza.
In quella ormai famosa estate del 2003, la tranquillità del piccolo centro lucano fu quasi “sconvolta” da un fenomeno per certi versi inedito. Una forma perfetta d'integrazione sociale con la gente del posto. Inizialmente arrivarono in 18, per lo più nativi di Rosario dove vivono oltre cento genzanesi. La squadra diventò una sorta di colonia argentina diventando in pochi mesi un collettivo sorprendentemente ben organizzato, tonico e devastante tanto da conquistare la storica promozione in serie D. “Quei ragazzi così determinati, combattivi ma anche tecnicamente validi – ricorda l’allora presidente dello Sporting Genzano, Rocco Bochicchio - vennero in Italia non solo perché affascinati dal nostro calcio, ma anche per guadagnare di più, considerato che in Argentina, persino in serie A, gli ingaggi erano in quel momento piuttosto bassi. Restai ammirato dalla loro capacità di fare gruppo. E’ il caso di dire che fossero davvero tutti per uno, uno per tutti. In questo gli argentini sono davvero unici. Erano consapevoli di giocare nei dilettanti, però ci mettevano cuore, grinta, ardore agonistico. Davano il meglio di se stessi, anche con l’obiettivo di fare il salto di qualità. Molti di loro trovarono spazio in serie C. Credo sia stata un’esperienza unica e irripetibile”.
La favola durò quasi sei anni. Furono oltre cinquanta gli argentini che indossarono la casacca biancorossa dello Sporting, per poi cimentarsi con altre formazioni nelle serie superiori. Landriel, Laviano, Santibanez, Buttazzoni, Ciccotello, Perez, Greppo, Tonello, Suarez, Irace sono solo alcuni dei nomi di quei calciatori che dalle Ande raggiunsero l’Appenino lucano per coronare il loro piccolo sogno correndo dietro ad un pallone.
Ora il nuovo sogno è quello di vincere la finale del Maracanà contro la Germania. “Non posso dimenticare il Mondiale del 2006 – racconta Rocco Bochicchio – a prescindere dal trionfo dell’Italia. Quei ragazzi sudamericani che giocavano nello Sporting speravano di poter festeggiare la conquista della Coppa del Mondo. Ci fu tanta tristezza quando la Germania eliminò l’Argentina ai quarti. La finalissima di Rio può essere una rivincita. Gli argentini hanno un senso patriottico alto e ineguagliabile. Quando scendono in campo per difendere i colori dell’albiceleste sono capaci di qualsiasi impresa. E questa Nazionale allenata da Sabella ha un carattere indomabile; com’era il Genzano dei gauchos di dieci anni fa”.