Umiliati e offesi. Ma ancora sportivi. Scolari che abbraccia i giocatori tedeschi dice che si può perdere come nel peggiore degli incubi senza perdere la dignità. La storia del Mondiale non ricorda una partita così, in semifinale poi. La maglia di Neymar, tenuta stretta come una copertina di Linus dai brasiliani all’inno, non fa passare la paura anzi.
Bastano 11 minuti e il primo gol tedesco perché quel pallone, che è da sempre la cifra della danza brasiliana come e prima della samba, diventi improvvisamente, irrimediabilmente straniero.
Al secondo gol i verdeoro sono già 11 belle statuine di sale. Gli altri corrono come cavallette, baciati dal demone dello stadio, fanno correre il pallone come se fosse telecomandato: bum, bum, bum, bum, bum, bum: Julio Cesar il salvatore della Patria viene infilato 5 volte in 19 minuti e non ci può fare niente di niente. Molto peggio di com’è andata a Iker Casillas all’esordio, tutto molto più veloce, più cattivo, più doloroso.
Poteva bastare così, il Brasile era già annientato dopo due o tre gol: tramortito. Sul 5-0 alla fine del primo tempo ce ne sarebbe stato abbastanza per raccogliere i cocci col cucchiaino. Poche volte il calcio ha ricordato il pugilato e il ko come questa notte di furia tedesca e disfatta brasiliana. Forse non era necessario infierire così, continuare a spingere fino a fare male, fino al 7-0.
L’1 di Oscar allo scadere del 90° passerà alla storia come il gol della bandiera più malinconico di tutti i tempi. La rete di una squadra che doveva spaccare il mondo e sul più bello si è sgonfiata come un pallone bucato. Umiliata e offesa, appunto. Di più, arresa. Schiacciata da un avversario troppo forte e troppo feroce. E il difficile viene adesso, fuori dallo stadio.