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martedì 22 aprile 2025
 
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Calciatori, non chiamiamoli eroi

03/07/2014 

Mondiale in Brasile. Sono sconcertato ascoltando i giornalisti che parlano delle mirabilie calcistiche di Balotelli (foto). Dove hanno visto tutto ciò, se questo giocatore si fa conoscere più per le “intemperanze” dentro e fuori campo? Perché non tengono presente che uno sportivo dovrebbe essere un esempio per i più giovani, per educazione, correttezza e lealtà? Sono convinto che nel calcio italiano vi sia gente valida, bella da vedere quando gioca, che diverte e si diverte. Ma ai giornalisti piace raccontare solo le bravate o le avventure amorose con questa o quella “meteorina” o “velina”. Non hanno le loro responsabilità anche i mass media di quanto succede nel mondo del calcio? Perché non danno risalto ai fatti positivi?

GIOVANNI C. – Cosenza

Hanno fatto bene in Tv a commentare la cronaca della sconfitta dell’Italia ai Mondiali del Brasile con il sottofondo musicale del Dies irae di Mozart. Mi rammarico solo per l’allenatore Prandelli, che stimo come uomo di sport e per la sua sobrietà e umiltà. Ma sobrietà avrebbe dovuto esserci anche in tutto il resto della spedizione italiana ai Mondiali. Così, invece, non è stato, perché l’Italia ha speso moltissimo in un residence lussuosissimo. I giocatori che sono tra i più pagati al mondo avevano al seguito parenti e amici. Ha senso tutto ciò? Lo chiedo anche alla stampa, che troppo spesso osanna ragazzini strapagati e straviziati. E Balotelli non basterebbe chiamarlo solo Mario anziché “superMario”? Gli eroi nella società sono ben altre categorie di persone, non certamente i giocatori. Mi rammarico, inoltre, di questa uscita in anticipo dai Mondiali di calcio perché guardavo con simpatia le tante bandiere tricolori che, timidamente, erano spuntate dalle nostre case. Mi auguro che dopo questa tremenda delusione sportiva dei nostri “presunti eroi”, il calcio torni a essere più sobrio. E vada messo in atto, al più presto, un piano di tagli alle spese, a cominciare dagli stipendi dei calciatori.

ANNAMARIA – Treviso

È finita come molti temevano, anche se fino all’ultimo ci siamo illusi. Ma non possiamo contare sempre sulla “buona sorte”, certi che nei momenti difficili gli italiani danno il meglio di sé. Anche chi non mastica calcio a colazione, sa benissimo che per vincere una partita bisogna almeno correre più degli altri e tirare qualche volta in porta. Vederli ciondolare in campo, questi atleti osannati e stracoccolati (anche dai mass media, che poi si stracciano le vesti!), sfatti e privi di grinta, è stato uno spettacolo penoso. In un momento di crisi, poi, era proprio necessario che la nostra spedizione calcistica in Brasile eccedesse in lusso più di ogni altra Nazionale? Al di là della correttezza di qualche persona (vedi Prandelli e le sue dimissioni), per il resto non ci sono giustificazioni. Se non la presunzione di un gruppo diviso e rissoso, che non è riuscito a fare squadra. E giocatori spocchiosi, che fanno parlare di sé più per le bizze e le stranezze che per i gol in campo. Essendo usciti così miseramente ridimensionati dai Mondiali, perché non trovare il coraggio di sgonfiare il “pallone”, a cominciare dai favolosi e immorali ingaggi? Al “dio calcio” non si può chiedere di tirare la cinghia come a tutti gli italiani? O “passata la festa, gabbato lo santo”, ancora una volta?

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