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Il vero sport nazionale del Brasile? E' la capoeira

19/06/2014  I brasiliani adorano il pallone. Ma l'arte marziale creata dagli schiavi africani è lo sport che racconta le origini e la storia di questo Paese.

Il calciatore della Nazionale inglese Danny Welback si cimenta nella capoeira durante una visita alla favela Rocinha a Rio (Reuters).
Il calciatore della Nazionale inglese Danny Welback si cimenta nella capoeira durante una visita alla favela Rocinha a Rio (Reuters).

Se il pallone è, senza dubbio, la passione del Brasile, è la capoeira a raccontare la storia di questo Paese lungo i secoli, a ripercorrere e simboleggiare - con il suo intreccio inscindibile di lotta, acrobazie, canti e musica - il lungo cammino di una Nazione segnato dalla colonizzazione portoghese. 

La capoeira racconta  il dramma della schiavitù: la tradizione vuole che gli schiavi africani che lavoravano nelle piantagioni si allenassero a combattere, con tecniche di attacco e difesa, calci, prese, schive, dissimulando la lotta con elementi di danza, per non insospettire i colonizzatori.

Una manifestazione di capoeira in una scuola di Vienna.
Una manifestazione di capoeira in una scuola di Vienna.

Nello Stato di Bahia arrivarono soprattutto gli africani di etnia bantu, che portarono con sé il loro modo di muoversi, di allenarsi, e anche la loro ritmica e cultura musicale.  Si narra che molti schiavi grazie alla capoeira - arte basata sulla forza fisica, i riflessi ma anche sulla malandragem, la scaltrezza - riuscirono a fuggire dalla piantagioni e conquistare la libertà.

Alla fine dell'Ottocento, la capoeira venne ufficialmente proibita a livello nazionale, perché considerata un'attività pericolosa e sovversiva. Ma neppure i divieti riuscirono a soffocare quest'arte, che continuò a sopravvivere, ad essere praticata per le strade, in modo clandestino, nei quilombos, le comunità fondate dagli ex schiavi spesso in luoghi isolati e lontanti dai centri urbani. Nelle città i capoeiristas furono ben presto etichettati come gente malfamata, associati all'idea della delinquenza, perché spesso la capoeira, molto pericolosa con i suoi golpes mortali, veniva usata per combattersi per le strade, sfidarsi e difendersi dalla polizia.

Le acrobazie di un gruppo di capoeiristi a Parigi.
Le acrobazie di un gruppo di capoeiristi a Parigi.

Nel 1932 il presidente-dittatore Getúlio Vargas, alla ricerca di un simbolo sportivo brasiliano, decise di promuovere la capoeira: fu allora che a Salvador di Bahia Mestre Bimba (Manoel dos Reis Machado), fondatore della capoeira regional (il nome dello stile di gioco) e campione di batuque (un'antica lotta), fondò la prima accademia di capoeira nel mondo. Mestre Bimba organizzò la capoeira stabilendo fondamenti, regole, tecniche, esami e gradi. Negli anni seguenti Vargas decise di "ordinare" tutte le manifestazioni afro-brasiliane in una sorta di "mappatura" coinvolgendo i protagonisti stessi della cultura afro-brasiliana: nel 1953 Mestre Bimba per la prima volta si esibì nella capoeira regional davanti al capo di Stato.

La capoeira è diffusa in tutto il Brasile, ma Bahia, lo Stato più "afro" del Paese, rappresenta la sua culla. Per le strade di Salvador, nel centro storico, il Pelourinho, impossibile non incontrare gruppi di capoeiristi intenti a "giocare" in una roda - il cerchio all'interno del quale ci si sfida in coppia - seguendo il ritmo degli strumenti musicali, in primis il berimbau (strumento a corda), e dei canti in portoghese che tramandano la storia della capoeira e quella della schiavitù, la saudade per la propria terra di origine.

Mestre Itapoan durante una conferenza sulla capoeira.
Mestre Itapoan durante una conferenza sulla capoeira.

Le tappe della storia della capoeira sono legate ad alcuni grandi maestri (mestre) che l'hanno valorizzata, liberandola dai pregiudizi e dalle etichette negative. Come Mestre Pastinha (Vicente Ferreira Pastinha), anche lui di Salvador e padre della capoeira stile Angola (considerata quella tradizionale da chi la praticava): anche lui fondò la sua accademia e, dopo essere diventato cieco, continuò a praticare una sorta di capoeira mentale, terminando la sua vita, nel 1981, in solitudine e povertà. Mestre Bimba morì nel 1974. Nel 1996 gli è stata conferita post mortem la laurea honoris causa dell'Università Federale di Bahia.

Come ha raccontato, in un incontro a Milano, Mestre Itapoan (Raimundo Cesar Alves de Almeida, chiamato Itapoan dal nome del quartiere di Salvador dove è nato), che è stato allievo di Bimba e fondatore a sua volta di una scuola che tramanda gli insegnamenti e le tecniche del padre della capoeira regional, dopo la scomparsa di Bimba la città di Salvador gli ha intitolato una strada e una piazza. «Mestre Bimba diceva sempre: quando io morirò ci sarà un mestre in ogni angolo di strada», ricorda Itapoan.

Uno spettacolo di maculelé a Milano. Il maculelé è una danza guerriera che veniva praticata dagli schiavi (con i machete) ed è strettamente legata alla capoeira e alle sue manifestazioni.
Uno spettacolo di maculelé a Milano. Il maculelé è una danza guerriera che veniva praticata dagli schiavi (con i machete) ed è strettamente legata alla capoeira e alle sue manifestazioni.

La realtà è andata oltre il suo sogno: nel 1974 (l'anno della morte di Bimba) la capoeira è stata riconosciuta come sport nazionale del Brasile, viene insegnata nelle scuole e nelle università, si è diffusa in tutto il mondo.  Nel 2006 è diventata Patrimonio immateriale dell'Unesco. Fino a qualche decennio fa era un'attività solo per uomini, «a partire dalla fine degli anni Ottanta», spiega Itapoan, «quando è entrata nelle scuole, si è aperta anche alle donne». E se un tempo godeva di cattiva reputazione, oggi la capoeira in Brasile è anche uno strumento educativo che aiuta molti ragazzi di strada a uscire dal degrado sociale e dall'emarginazione.

Gli stili di lotta sono vari, ma i due più famosi sono lo stile Regional e lo stile Angola, che si differenziano per velocità, ritmo, tecnica di esecuzione dei movimenti, musica. In Italia la capoeira ha avuto il suo esordio a Viterbo, nel 1982, grazie a Mestre Canela che, dopo aver girato per l'Europa, si stabilì nella città laziale.

Oggi, in tutta Italia ci sono gruppi e associazioni impegnate nella diffusione e nell'insegnamento della capoeira, non solo come attività sportiva ma anche, e soprattutto, come uno straordinario patrimonio culturale, come un'arte che tramanda la storia di sofferenza e di riscatto di un Paese, racchiude il suo spirito, custodisce le radici meticce del popolo brasiliano.

 
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