Finisce come doveva 1-0. Per loro. Gianni Brera lassù in cielo dove sta, mastica la pipa e promette di andare a badare alle anitre. L'Italia, che la scorsa settimana si è creduta la Spagna per una sera, è la solita Italia, squadra femmina, come diceva Brera nell'era del politicamente scorretto, che si plasma sull'avversario nel bene e nel male e non sa giocare contro le squadre che non costruiscono gioco.
Corea, Slovacchia, Costa Rica... si allunga l'elenco delle nostre maledizioni. La più debole sulla carta, sotto il sole brasiliano, meno leone del previsto, è la prima del girone a punteggio pieno. L'Italia si perde nella colla di un gioco non gioco, con una sola idea in testa e confusa pure quella: passaggini, spesso imprecisi che portano la palla a perdersi, sempre sull'asse centrale, prima di arrivare in area.
Fasce non pervenute, palle agli attaccanti neppure. Anche se a un certo punto ce ne sono quattro schierati in linea invano là davanti. Solo per dieci minuti nel primo tempo è sembrato che Balotelli avesse sui piedi il futuro, il destino. L'ha avuto due volte e sprecato in effetti. E anche questa è la solita maledizione, chi troppo spreca, da buona cicala, alla fine le prende dalla formica sparagnina: un tiro in porta, su paperissima di Chiellini, uno solo, però bastato.
E adesso siamo alle solite, il Mondiale che sembrava in discesa sciolto e rilassato ridiventa roccioso e impervio. La solita montagna di Purgatorio, in cui pagare peccati tutti nostri. L'accidia di una squadra troppo presto arresa, soprattutto. Solo martedì sapremo se alla fine si può salire a riveder le stelle. O se ci aspetta il contrappasso dei pomodori.