Il calcio gli piace e le metafore calcistiche che hanno valore per la vita, anche. Argentina e calcio e Chiesa sono una cosa sola per chi vive quasi alla fine del mondo. Passioni popolari che
Jorge Mario Bergoglio conosce, ama e non esita a servirsene per scopi pastorali.
Ma lo stesso vale per Joseph Ratzinger, socio onorario del Bayern Monaco da quando era arcivescovo in Baviera.
Due Papi, due squadre nazionali: il derby vaticano che chiude il Mundial brasiliano non li mette contro, ma li accomuna perché il calcio è scuola per la vita, sintesi di lavoro comunitario per segnare i valori che contano. Non sorprende Bergoglio, che di calcio ha parlato e parla. Potrebbe invece meravigliare il Papa emerito, teologo tedesco, intellettuale raffinato, storia personale lontana dal calore degli stadi. Invece no.
Perché Ratzinger sul calcio ha pure scritto un libro quasi trent’anni fa, apparso in Germania. Si intitolava “Suchen was droben ist”, “Cercare ciò che sta in alto” , dove del calcio il cardinale scriveva che quello vero, quello non offuscato da interessi commerciali, è “un esercizio preparatorio per la vita e la trascendenza della vita verso il paradiso perduto”.
Il calcio come metafora perché, scriveva “”talvolta possiamo imparare di nuovo la vita a partire dal gioco”: “Il gioco, una vita: se andiamo in profondità il fenomeno di un mondo entusiasta per il calcio potrà offrirci qualcosa di più di un solo divertimento”.
Ma metteva anche in guardia perché la bellezza del calcio può essere rovinata, “pervertita”, ammoniva, dallo spirito commerciale che sottomette tutto alla logica del denaro, e trasformarsi “in un mondo di apparenze dalle dimensioni orribili”. Eppure affermava Ratzinger “questo mondo di apparenza non potrà mai sostituirsi alla base positiva del gioco”.
Nel 2006 Papa Ratzinger benedì la Germania di Franz Beckenbauer e di Rudi Voeller prima dei Mondiali giocati in Germania. Quando era cardinale a volte seguiva qualche partita in televisione, per via del suo segretario alla Congregazione per la dottrina della fede, Tarcisio Bertone, che diventerà Segretario di Stato, la cui “passionaccia” per la Juventus è nota. Abitavano in piazza Leonina davanti a porta Sant’Anna, accanto a piazza San Pietro. L’appartamento di Bertone era un piano sotto quello di Ratzinger. E in occasione di qualche finale importante Ratzinger scendeva e divertito con un occhio guardava la partita e con l’altro il tifo degli ospiti.
Bergoglio fa il tifo per il San Lorenzo, che l’anno scorso ha finalmente vinto la coppa nazionale. Storia singolare quella del “San Lorenzo de Almagro”, il quartiere dove è nata nel 1900. I ragazzi giocano per strada e nel 1908 il salesiano italo-argentino Lorenzo Mazza offrì il campetto dell’oratorio per far giocare le partite e in “cambio dello spazio ottenuto i ragazzi si impegnarono a seguire la messa ogni domenica. Il 1 aprile 1908 la squadra fu fondata ufficialmente, e fu chiamato San Lorenzo de Almagro in onore di padre Lorenzo e del quartiere”.
Padre Jorge Mario restò affascinato da questa storia e ancora oggi possiede la tessera di socio del Club. E del calcio si serve come quando, durante la giornata mondiale della gioventù in Brasile si è rivolto ai giovani esortandoli a “giocare nella squadra” di Gesù: “Cosa fa un giocatore quando è convocato a far parte di una squadra? Deve allenarsi, e allenarsi molto! Così è la nostra vita di discepoli del Signore”. Più volte in Argentina ha usato metafore calcistiche in senso pastorale. Un concetto che gli è particolarmente caro è quello di “patear por adelante”, cioè di calciare in avanti, non rimanere indietro, non stare sulla difensiva, non chiudersi nelle proprie miserie.
Vale per la finale del Mundial e vale per la Chiesa.