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sabato 24 maggio 2025
 
 

Il Brasile fa autogol

10/06/2014  La voce critica della Chiesa. Il mondiale è costato 10 miliardi di euro: le risorse, è stato detto da più di un vescovo, dovevano bastare non solo per giocare a calcio ma anche e soprattutto per soddisfare le necessità improrogabili di settori come la salute pubblica, l’educazione, i trasporti, le case popolari.

Brasilia,
nostro servizio


Non c’è calcio senza Brasile. E non c’è Brasile senza calcio.
Una cosa, però, è il gioco in sé, linguaggio universale da tutti inteso e da tutti apprezzato, con la giusta dose di agonismo che lo caratterizza e il variegato mix di sentimenti che lo accompagna. Altra cosa è vedere prevalere con arroganza l’interesse economico che il calcio a vario titolo catalizza, un profitto che postula il successo sempre e comunque.

Per i vescovi brasiliani sta vincendo il peggio. Purtroppo. «Il successo del Mondiale non si misurerà per il denaro che inietterà nell’economia locale o per quanto riusciranno a lucrare gli sponsor», hanno dichiarato il cardinale Raymundo Damasceno Assis, dom José Belisário da Silva e dom Leonardo Ulrich Steiner, rispettivamente presidente, vicepresidente e segretario generale della Cnbb, la Conferenza episcopale del Brasile. «Il successo della Coppa del mondo sarà dato dalla garanzia di sicurezza per tutti senza il ricorso alla forza, rispettando il diritto alle manifestazioni di strada pacifiche, creando meccanismi che eliminino il lavoro schiavo, la tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale,combattendo con efficacia il razzismo e la violenza».

Dom Walmor Oliveira de Azevedo, arcivescovo di Belo Horizonte, una delle città sede del Mondiale, è stato se possibile ancor più duro. «La tattica del panem et circenses per distrarre il popolo questa volta è destinata al fallimento», ha detto. Le cifre tolgono il fiato. Il Mondiale costa dieci miliardi di euro, sostanzialmente a carico dei contribuenti vista la defezione degli sponsor privati. Ciò ha portato a tagli negli altri settori, dalla scuola alla sanità. La Fifa aveva richiesto al Governo 8 stadi. Per orgoglio, Brasilia ne aveva promessi 17. Alla fine, ne sono stati costruiti o rifatti 12. Pesante il bilancio delle vittime del lavoro: 9 gli operai morti nei cantieri. E pesante anche il numero degli sfollati, 250 mila, per far posto a infrastrutture nel 60 percento dei casi ancora incomplete.

«Gli sprechi sono un ulteriore indizio dell’incompetenza di chi ci governa nel pianificare le risorse che dovevano bastare non solo per giocare a calcio ma anche e soprattutto per soddisfare le necessità improrogabili di settori come la salute pubblica, l’educazione, i trasporti,le case popolari». «Le parole di dom de Azevedo mettono Brasilia in fuori gioco», hanno commentato con amara ironia i brasiliani.

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