Carlos Clay França
Da quando ha scoperto la fede, il pallone
per lui è molto più di un gioco, più di una professione: è uno strumento per parlare dell'amore di Dio, della gioia di essere
cristiani. Carlos Clay França, 34 anni, viene dallo Stato di San Paolo. Da alcuni anni
gioca in Italia, attualmente nella G.S.D. Rapallo Bogliasco, in Liguria. Serie D per lui, dopo
una carriera da professionista prima nel suo Brasile, poi in Spagna e negli Stati Uniti.
Alcuni anni fa, durante un periodo di sofferenza a causa di un tumore alla colonna vertebrale, poi sconfitto, Carlos si è aperto alla
spiritualità. «Da lì la mia vita è totalmente cambiata», racconta. Oggi Carlos fa parte degli "Atleti di Cristo", associazione non profit di sportivi cristiani evangelici che testimoniano la fede attraverso la loro professione.
A Lavagna (Genova), dove vive con la sua famiglia,
frequenta una chiesa evangelica. «In Brasile i cattolici sono tantissimi, ma
stanno aumentando gli evangelici. La differenza tra gli uni e gli altri nel modo
di vivere la fede è enorme. La religione è un tema delicato». E lui
preferisce definirsi, semplicemente, cristiano. Perché, osserva, «l’essenziale è il rapporto personale con il Signore, punto e basta».
Carlos è sposato con Camila, anche lei brasiliana, hanno due bambini,
Giulia e Gianluca.
E' approdato in Italia con un enorme desiderio di conoscere il nostro
Paese, che è anche "suo": «Io ho origini italiane. I miei nonni materni sono di Terni. Italiani e brasiliani sono molto
simili. Il calcio italiano, poi, mi appassiona».
Il Mondiale lui lo segue in Brasile, in vacanza con la sua
famiglia. E ammette di capire le proteste dei suoi connazionali, «stufi
di avere davanti agli occhi tante ingiustizie». Il pallone lo ha portato in giro per il mondo, gli ha permesso di giocare in sedici squadre diverse. In Italia, Carlos ha raggiunto il traguardo dei cento gol segnati nel corso della sua carriera. Osserva la diversità tra
il pallone in Brasile e quello giocato da noi e spiega: «Le differenze stanno nella tecnica, nella velocità di gioco
che, in Brasile, negli ultimi anni è decisamente aumentata.
Individualmente i brasiliani sono più spettacolari, ma quando sei
ragazzino non ti danno una formazione tattica. Da noi conta molto di più
la creatività della singola personalità. In Italia già nel settore giovanile si fa molto lavoro sulla tecnica». Il suo giocatore modello?
«Pirlo, anche se, da attaccante, ho sempre ammirato Del Piero. Ma il mio preferito resta Ronaldo, il “fenomeno”: quando giocavo nelle giovanili del Santos lui per me era un mito».