E’ ufficiale. L’Italia può sopravvivere a tutto, ma non a un arbitro di nome Moreno. Anche se non è neanche parente dell’omonimo di coreana memoria, ha lo stesso nome e fa pasticci. Caccia Marchisio per un intervento da giallo e non vede Suarez che ha il vizio del morso e addenta come una vipera la spalla di Chiellini. Indisturbato.
Resta un’Italia che subisce troppo, due partite perse su tre, e soprattutto che non tira quasi mai in porta. E’ difficile vincere così, anche andare avanti.
Escono i limiti del calcio italiano, che si erano visti anche in Europa: tolto Pirlo, gran classe, ma vicina al capolinea anagrafico - si spera il più tardi possibile -; tolto Verratti che non ha neanche ventuno anni e si batte come un leoncino, tolto Buffon che è caduto e si è rialzato tre volte su una sola palla provando a fare il salvatore della Patria fino alla fine, il resto non basta.
La testa e il cuore non riescono ad arrivare dove non arrivano le gambe e i piedi. E’ un fatto. Si è sofferto troppo, soprattutto là davanti alla porta avversaria, dove la palla arriva a fatica e troppe volte muore.
Si era sognato un mondiale diverso, finalmente allegro, e non ha funzionato. Ma non ha funzionato neanche il fortino di riserva che altre volte ci ha salvati, contando sulla scarica d’adrenalina che ci ha fatto camminare altre volte sull’orlo del buco nero senza caderci.
Stavolta nel buco siamo precipitati, dopo aver cullato forse troppo l'esordio positivo. Adesso, come è normale che sia per chi ha istituzionalmente la responsabilità del tutto - non dell’arbitro ma questa è un’altra storia - la croce sarà tutta sulle spalle di Cesare Prandelli. Come sempre succede in questi casi sei un eroe se passi il turno contando, se del caso, sul rotto della cuffia e su tutti gli stelloni che il cielo conceda, ma se perdi - che sia o meno responsabilità tua - diventi l’ultimo degli incapaci. Accade nel Paese dei 60 milioni di commissari tecnici.
Sei libero di scegliere, e giustamente te ne assumi il peso. Il problema è che qualche volta la scelta non è tantissima.
E poi bisogna contare quel lungo elenco di accidenti: Montolivo, poi Buffon, poi Di Sciglio, passando per Sirigu, per arrivare a De Rossi. E, dulcis in fundo, l’arbitro Moreno. Gene Gnocchi vent’anni fa aveva tratto ispirazione dallo stellone si Sacchi, non sarà il caso di indagare chi abbia tirato il malocchio a Prandelli, contro il quale neppure il 17 sulle spalle di Immobile nulla ha potuto?
Ps. Cesare Prandelli (e con lui Abete, presidente della Figc) si è dimesso meno di un'ora dopo la partita, nel Paese in cui non si dimette mai nessuno un segno di rara serietà.