In Europa per inseguire il pallone. Così, a 29 anni, Lourivaldo (Lory) Rodrigues da Minas Gerais vola a Londra, per un provino in una squadra di calcio. Ma le cose non vanno come aveva sperato: il ritorno a casa sembra inevitabile. Prima di ripartire, però, lui ha un sogno: «Avevo letto i Promessi sposi in un'edizione in portoghese.Volevo tanto visitare i luoghi del romanzo». Così, approda a Como, sulle tracce dei personaggi manzoniani. In quel momento decide che non è ora di tornare: si dà tempo un anno, per fare un’esperienza in Italia, magari trovare qualche lavoretto e guadagnare qualcosa. Da allora, di anni ne sono passati sette. «Avevo lasciato tutto in Brasile. Non avevo intenzione di tornare a testa bassa e senza niente in mano. Volevo viaggiare, conoscere il mondo, ma poi rientrare nel mio Paese. Invece sono rimasto qui».
I primi tempi, a Como, per lui sono duri: poi l’incontro con la scuola calcio dell’Associazione don Guanella, dove cercano volontari per il periodo estivo; e, nella mensa dell'associazione, con una suora brasiliana che lo aiuta: «Tutti quelli che avevo incontrato fino a quel momento mi avevano scoraggiato a rimanere in Italia. Dopo aver ascoltato la mia storia, suor Maria mi ha detto "se vuoi restare, allora resta". Io l'ho abbracciata forte dalla gioia».
Arrivano i primi lavoretti, cuoco nella mensa del don Guanella («la domenica cucinavo il menù brasiliano»), poi, imbianchino, artigiano. Dopo varie esperienze, oggi Lory lavora come cameriere e barista in un hotel nel centro di Milano, da tre anni ha una fidanzata italiana, Emanuela. Accantonato il calcio, ha riscoperto la capoeira, la danza-lotta brasiliana, grazie all’incontro con un’associazione di capoeiristi originaria di Bahia: lì ha trovato una nuova famiglia. Da due anni lui stesso tiene corsi a Sedriano, vicino a Milano, per bambini e adulti.
Lory racconta della sua infanzia a Pirapora: una famiglia modesta di otto fratelli in una casupola di plastica. «Quando avevo 11 anni mia madre mi mandò a vivere presso un proprietario terriero, a mille km di distanza. Lì la mattina andavo a scuola, la sera lavoravonella fattoria. Con i primi guadagni ho fatto trasferire la mia famiglia dalla favela in una casa vera, vicino a dove abitavo io». In seguito, verso i 16 anni, Lory comincia a fare il marinaio e guidare le barche. «Ma ho comunque terminato gli studi, mi sono anche iscritto all'università, poi però ho lasciato».
La saudade per la sua terra è forte: «Gli italiani sono molto accoglienti, ma si affezionano con più difficoltà rispetto a noi brasiliani, qui è più raro scambiarsi un abbraccio». A Milano ha trovato stabilità, ma Lory non dimentica mai da dove è venuto: «Organizzo raccolte di zaini impermeabili per i ragazzini di Pirapora, che per andare a scuola ogni giorno devono attraversare a piedi un fiume. La maggior parte di loro non hai mai avuto uno zaino per i libri in vita sua». Ogni anno, a dicembre, quando torna in Brasile, lui stesso va là a consegnarli agli alunni, si ferma alcuni giorni con loro.
Lory guarda al Mondiale e ammette di condividere le proteste contro gli sprechi: «Oggi le favelas sono cambiate, sono più sicure, molte si sono aperte al turismo, hanno ristoranti e negozi di artigianato locale. Ma i problemi nel mio Paese restano tanti. Un esempio? La corruzione dilagante, anche nelle forze dell’ordine. E' da qui che il Brasile deve ripartire».