La signora Aldina, madre di Cesare Prandelli, segue il figlio in Tv.
Tocca anche alla tribù dei Prandelli consolare l’ex ct Cesare per il fallimento mondiale. Il “clan” è davvero molto articolato. Il figlio Nicolò, 30 anni, fra i preparatori atletici del Parma, era con lui in Brasile, nello staff azzurro, per tentare di far rendere al meglio l’Italia, nonostante il caldo.
Nel maggio 2010 sposò Veronica Gallazzi, varesina di Busto Arsizio, che 3 anni fa, nel giorno del compleanno del ct, lo rese nonno di Manuela, chiamata così in onore della madre, scomparsa nel 2007. Prandelli junior è molto schivo, che da quando il padre guidava l’Italia ha rilasciato appena due interviste.
La sorella Carolina vive a Orzinuovi, 5 anni fa si è laureata con 110 e lode in Lettere moderne, con la tesi significativa, “All’ombra della madre”.
La mamma del ct, Aldina, 82 anni, abita pure nel paese bresciano, nella casa della famiglia, di sempre. Il padre Gianni, il nonno Cesare e uno zio avevano una ditta di bevande, sono tutti scomparsi, e ora l’attività è portata avanti dai figli dello zio.
La famiglia dei Prandelli è completata dalle sorelle del ct, entrambe sono sposate, hanno due figlie e abitano nella Bergamasca: Mina, 55 anni, vive a Torre Pallavicina, Piera (53) è a Caravaggio, paese noto per il santuario.
La famiglia dell’ex moglie abita invece a Ricengo, nel Cremonese. Il fratello di Manuela, Gianfranco Caffi, è impiegato all’ufficio commerciale del prosciuttificio Prosus. “Con mio cognato - racconta semplicemente -, ogni tanto parliamo di calcio, ci vediamo spesso”. Caffi è assessore di questo comune di appena 1700 abitanti nel Cremasco, ma è molto riservato. “Farmi intervistare significherebbe tradire il rapporto con Cesare, idilliaco”. A Ricengo abita anche l’ex suocera di Cesare, Ivana Edita Guerrini, 84 anni.
Quel matrimonio venne celebrato nel 1982, quando il ct ebbe aveva 25 anni e giocava nella Juve. Testimoni furono Antonio Cabrini, quell’anno campione del mondo con l’Italia, e Domenico Pezzola, di professione ambulante, venditore di formaggi.
“Con Cesare abbiamo iniziato a giocare da ragazzi, in oratorio - racconta -, a Orzinuovi. A 6 anni, facevamo i chierichetti assieme, siamo andati avanti sino alle scuole medie. La sua famiglia è sempre stata molto cattolica. Tuttora Cesare dapprima va a messa e poi si occupa del resto”.
A 12 anni il primo tesseramento di entrambi, all’Orceana, nella squadra giovanissimi. “Quindi siamo passati alla Cremonese, io sono un anno più vecchio e l’ho preceduto di una stagione, nel passaggio alla società più blasonata dei dintorni. Con la squadra grigiorossa sono rimasto per 4 stagioni, senza peraltro debuttare nella serie C unica dell’epoca”.
Pezzola è poi sceso fra i dilettanti, faceva il terzino sinistro, ha smesso a 32 anni. “Cesare aveva cominciato come libero, poi avanzò a fare la mezzala, visto che era molto tecnico, come calciatore. Vinse il campionato con la Cremo di Emiliano Mondonico in panchina, passarono in serie B e poi lui andò all’Atalanta e successivamente alla Juve”.
Ogni anno il ct non manca mai la rimpatriata con i testimoni di nozze. “In genere ci troviamo in questo periodo, lo aspettavamo a fine mondiale, speravamo arrivasse sino in fondo. Ora lo attendiamo a luglio, con Antonio Cabrini e gli altri amici. Anche l’ex terzino campione del mondo è un ragazzo alla buona, quand’era alla Juve tornava qua in oratorio per fare qualche partitella”.
Adesso è ct della nazionale femminile. Insomma, i grandi amici di Pezzola erano alla guida delle due Italia del calcio, mentre questo signore corpulento senza tanti capelli vende formaggi con il camioncino nelle piazze del paese, con la moglie Liliana.
“Sono i casi della vita, nessuna invidia, ci mancherebbe. E’ rimasta stima reciproca, fra noi non c’è mai stato alcuno sgarbo: se uno avanza nello sport di vertice, l’altro è giusto che vada a lavorare”.
Domenico c’è rimasto male, per l’uscita anticipata.
“Aspettavo che vincesse qualcosa di importante con l’Italia, l’avrebbe meritebbe per quanto ha fatto. Da allenatore so come lavora, ero convinto che in Brasile sarebbe arrivato molto lontano”.
Pezzola è sempre stato un suo fan personale.
“Talvolta sono andato ad allenarmi con lui, quando guidava la primavera dell’Atalanta: mi fermavo per qualche tiro con Domenico Morfeo e Alessio Tacchinardi, poi diventati calciatori affermati. Ho visto le sue finali vinte con il torneo allievi, poi con il Viareggio”.
Il sodalizio non si è mai spezzato, neppure con la carriera di Prandelli tra i professionisti.
“Andavo a seguirlo al Venezia, partivo la mattina con un amico, nella stagione in cui venne promosso in A non sono mai mancato. Sino all’esonero deciso dal presidente Zamparini dopo poche partite del campionato successivo. Idem nel biennio a Verona, con promozione e 9° posto in A e nel biennio con la qualificazione Uefa al Parma. Ho diminuito il supporto nei suoi 5 anni alla Fiorentina, per via della lontananza”.
Il testimone di nozze meno famoso vede un unico difetto, nell’amico ct.
“E’ troppo buono. Anche nei confronti di qualche giocatore…”.