La caduta degli dei fa sempre rumore. L’uscita dalla scena iridata di Italia, Inghilterra e Spagna (tre delle piazze pallonare più importanti del globo) ha generato e sta generando un’eco impossibile da ignorare a tutte le latitudini.
E dietro di loro ognuna di queste nazionali sta velocizzando la parabola discendente di alcuni miti, campioni ormai al crepuscolo, che, per raggiunti limiti di età, vedono le prossime competizioni solo come un miraggio.
Il primo ad abdicare è stato il recordman David Villa, non a caso protagonista di un pianto disperato, a seguire i quasi certi ex Gerrard e Pirlo. E chissà chi altri ancora, non per forza appartenenti alla categoria dei fuoriclasse.
E’ a questo punto che scatta la necessità di riflettere sulla necessità di riprogrammare il futuro, di lasciare ad altri i troni dell'Olimpio e tornare a camminare sulla terra come mortali.
Così, sia le Nazionali che hanno fallito, sia i giocatori che si avvicinano alla conclusione della propria carriera ora devono armarsi di realismo e di lucidità per trovare il modo più veloce e corretto per rialzarsi.
Il palcoscenico dei Mondiali, che tutto amplifica, sta dando una grande dignità al tema “dell’abdicazione”, ma la riflessione sulla conclusione dei cicli e del post-carriera è uno di quei totem con cui i calciatori si scontrano quotidianamente, al termine di ogni stagione agonistica, anche senza il fragore delle grandi cadute.
Per approfondire questo argomento abbiamo interpellato il presidente dell’Assocalciatori Damiano Tommasi, da sempre sensibile alla riqualificazione sociale e professionale dei calciatori a fine carriera e promotore di molteplici corsi di orientamento (tra cui "AIC - Ancora In Carriera"). Leggiamo insieme come l’AIC sta lavorando per attutire il trauma della “caduta degli dei”.
Damiano Tommasi con Andrea Pirlo in occasione del Gran Gala del Calcio AIC 2013 (Corbis).
- Quando e perché hai deciso di abbandonare il calcio?
"Ho deciso di abbandonare il calcio professionistico quando la mia esperienza in Cina era giunta al termine. Avendo deciso di non giocare in nessuna altra squadra italiana che non fosse la Roma oppure l’Hellas Verona, ho preferito dedicarmi alla famiglia eprovare a trovare una nuova strada avvicinandomi a casa da dove mancavo da 13 anni. Con il pallone però non ho mai del tutto smesso, seppur da dilettante ho continuato a solcare i campi di provincia in una formazione vicino a casa mia."
- Cosa hai fatto per preparati adeguatamente il dopo carriera?
"Nel momento in cui ho deciso di lasciare il professionismo non avevo ancora le idee chiare del mio futuro. Sfortunatamente quindi non avevo un “bagaglio” formativo e di esperienze che mi permettesse di dire: “ok, quella è la mia strada”. La mia volontà è però stata quella di mettermi in gioco in un nuovo ambito e in unanuova vita, differente dalla precedente."
- Cosa fa AIC per aiutare i calciatori nel dopo carriera?
"L'idea di accompagnare i calciatori oltre la carriera agonistica è da sempre una delle prerogative dell'Associazione Italiana Calciatori e, con la modifica dello Statuto approvata dall'Assemblea Straordinaria nel maggio 2012, l'AIC ha raggiunto un'altra tappa fondamentale della sua ultraquarantennale storia, aprendo ufficialmente le porte anche agli "ex calciatori" con l'estensione delle tutele anche ai tesserati che hanno terminato la carriera agonistica. In quest’ottica, prende ancora più valore il corso formativo AIC – “Ancora In Carriera", giunto quest’anno alla sua quarta edizione e nato con l’obiettivo di preparare i partecipanti ad un post carriera oltre il calcio giocato, fornendo loro le coordinate per valutare le proprie opportunità e per trovare gli spunti adeguati al fine di intraprendere una direzione nel mondo del lavoro. Al corso partecipano giocatori di alto e altissimo livello che hanno l’opportunità di condividere tra di loro le proprie esperienze ma soprattutto di confrontarsi grazie alla presenza di docenti e di testimonianze di spessore. A questo inoltre si affiancano altri corsi, realizzati con calciatori ancora in attività, che nell’ultimo anno agonistico abbiamo svolto grazie alla collaborazione di Società di Serie B a Novara, La Spezia, Pescara e Bari."
- Quali sono, a tuo parere, le caratteristiche che deve avere un ex-calciatore nel momento in cui vuole intraprendere la “carriera” di manger fuori dal campo?
"Prima di tutto è indispensabile lavorare su se stessi, per rendersi conto che la carriera sportiva di alto livello è solo una parentesi della vita. Una volta chiuso questo ciclo bisogna fare tesoro dell’esperienza accumulata per poterla “spendere” nella nuova vita lavorativa. Il calcio di alto livello aiuta sicuramente gli ex calciatori a sopportare lo stress e a vivere sotto pressione. Spesso si pensa che questi situazioni non possano tornare utili una volta “appese le scarpe al chiodo”, ma invece sono situazioni e peculiarità che nel mondo del lavoro tornano molto utili. Inoltre aggiungo l’abitudine al lavoro e al sacrifico, situazioni con le quali tutti i professionisti hanno fatto l’abitudine nel corso della loro carriera."