Città del Vaticano
C'è Diego Armando Maradona, letteralmente inseguito per un autografo da un gruppo di fedeli argentini presenti in piazza San Pietro, che dona al Papa la maglia dell'Albiceleste, la nazionale argentina, con il numero 10 e la scritta "Francisco". E poi Alessandro Del Piero e Gigi Buffon, Andrea Pirlo e Andrij Shevchenko, Paolo Maldini, Iván Cordoba, il belga della Roma Radja Nainggolan, la stella colombiana Carlos Valderrama con i suoi broccoli biondissimi e vistosi che si concede a tutti per autografi e foto ricordo. Ovviamente, c'è l'argentino Javier Zanetti, il promotore della Partita Interreligiosa della Pace. Un gruppo di suore ferma l'ex capitano rossonero Maldini per l'immancabile selfie, stesso copione per Pirlo e Diego Pablo Simeone, il vulcanico allenatore dell'Atletico Madrid ed ex giocatore dell'Inter. Tutti in campo all'Olimpico per la pace. Tutti convocati personalmente da papa Francesco per questa prima Partita interreligiosa che, è l'auspicio di Roby Baggio, visibilmente emozionato, «spero possa essere il primo di una lunga serie di messaggi e di esempi positivi da parte dello sport».
E papa Francesco, arrivato poco dopo le 16 nell'Aula Nervi per incontrare la sua “nazionale” e posare con il pallone in mano in mezzo ai calciatori, nel breve messaggio che ha preparato punta proprio su questo, sulla forza che lo sport, e il calcio in particolare, può avere per veicolare messaggi positivi: «Questo evento sportivo», dice riferendosi alla partita dell'Olimpico, «è un gesto altamente simbolico per far capire che è possibile costruire la cultura dell’incontro e un mondo di pace, dove credenti di religioni diverse, conservando la loro identità – perché quando ho detto “a prescindere” questo non vuol dire “lasciare da parte”: no – credenti di religioni diverse, conservando la loro propria identità, possono convivere in armonia e nel reciproco rispetto».
Com'è nello stile di Bergoglio, la pace per cui scendono in campo tanti campioni di ieri e di oggi ha un obiettivo concreto, pratico: aiutare i bambini disagiati e a rischio esclusione delle periferie del mondo, a cominciare da quella di Buenos Aires, ad avere un'educazione e completare gli studi scolastici grazie al progetto “Un'alternativa di vita” promosso da Fondazione P.U.P.I. E Scholas Occurrentes. Per fare questo, però, non basta raccogliere fondi ma occorre che i campioni dello sport ci mettano la faccia e siano da esempio: «Tutti sappiamo che lo sport, in particolare il calcio, è un fenomeno – un fenomeno, sì – umano e sociale che ha tanta importanza e incidenza nel costume e nella mentalità contemporanea», afferma il Papa. «La gente, specialmente i giovani, vi guarda con ammirazione per le vostre capacità atletiche: è importante dare un buon esempio sia in campo sia fuori dal campo. Nelle gare sportive siete chiamati a mostrare che lo sport è gioia di vivere, gioco, festa, e come tale deve essere valorizzato mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia e l’apertura degli uni verso gli altri. Anche con i vostri atteggiamenti quotidiani, carichi di fede e di spiritualità, di umanità e di altruismo, potete rendere una testimonianza in favore degli ideali di pacifica convivenza civile e sociale, per l’edificazione di una civiltà fondata sull’amore, sulla solidarietà e sulla pace. E questa è la cultura dell’incontro: lavorare così».
Mentre i venti di guerra soffiano impetuosi, dal cuore dell'Europa al Medio Oriente, il Papa sceglie uno sport che ama personalmente, da tifoso del San Lorenzo, per lanciare un messaggio di speranza: «Possa questo incontro calcistico», dice, «ravvivare in quanti vi prenderanno parte la consapevolezza della necessità di impegnarsi perché lo sport contribuisca a recare un valido e fecondo apporto alla pacifica coesistenza di tutti i popoli, escludendo ogni discriminazione di razza, di lingua, e di religione». E aggiunge, a braccio: «Ma, voi sapete che discriminare può essere sinonimo di “disprezzare”. La discriminazione è un disprezzo, e voi con questa partita di oggi, direte “no” a ogni discriminazione. Le religioni, in particolare, sono chiamate a farsi veicolo di pace e mai di odio, perché in nome di Dio bisogna portare sempre e solo l’amore. Religione e sport, intesi in questo modo autentico, possono collaborare e offrire a tutta la società dei segni eloquenti di quella nuova era in cui i popoli “non alzeranno più la spada l’uno contro l’altro” (cfr Is 2,4)».
Ecco l'appello finale del Papa: «Allargate i vostri cuori da fratelli a fratelli!», dice. «Questo è uno dei segreti della vita: allargare i cuori da fratelli a fratelli; e anche la dimensione più profonda e autentica dello sport». Alla fine, Bergoglio si mette al centro del gruppo dei calciatori per una foto ricordo. Proprio come un allenatore.
Dopo l'incontro, i calciatori spiegano perché hanno aderito all'invito del
Papa. «Papa Francesco è molto più di Maradona. È lui il vero fuoriclasse»,
spiega l'ex Pibe de Oro. «Mi ero allontanato dalla Chiesa», ha detto, «perché
pensavo non facesse abbastanza per i bisognosi, ma con Francesco è diverso. Cosa
mi ha detto? Che mi stava aspettando».
Ivan Cordoba, colombiano, dice di essere
«senza parole per l'emozione» per quest'invito del Papa: «È una convocazione per
una partita speciale che unisce tutti», Damiano Tommasi, presidente dell'Aic,
sottolinea la «responsabilità» che avvertono i giocatori che partecipano a questa partita nel
trasmettere messaggi positivi». Infine, Pirlo: «Il calcio è fondamentale per
questa speranza di pace perché è molto popolare e seguito da tante persone in
tutto il mondo». All'Olimpico verrà piantato un ulivo, auspicio e simbolo di
pace. Il vero trofeo di una partita dove per vincere bisognerà impegnarsi da domani e ogni giorno...