A scalare in coppia non hanno rivali sul pianeta. Ora è ufficiale. Nives Meroi e il marito Romano Benet, con la conquista avvenuta in questi giorni della vetta nepalese dell’Annapurna (8.091 metri), sono la prima coppia al mondo ad aver scalato insieme tutti e 14 gli “ottomila” della Terra. L’impresa dei coniugi friulani, che vivono a Tarvisio, è ancor più straordinaria se si pensa che le ascensioni si sono svolte tutte senza ossigeno, senza l’aiuto degli sherpa e neanche dei campi fissi. Una filosofia alpinistica, la loro, che affronta la montagna in modo “leale”, sobrio, che non tollera trucchi, né aiuti esterni di alcun tipo; agli antipodi con quella delle cosiddette spedizioni “commerciali”. Per la statistica, prima di loro solo 34 scalatori al mondo hanno completato la serie degli Ottomila, di cui, però, solo la metà senza ossigeno.
E pensare che la scalata al record “di coppia” era iniziata con una rinuncia dolorosa: nel 1994, infatti, al primo tentativo, il temibile K2 li respinse. Solo quattro anni dopo arrivò il primo “ottomila”: il Nanga Parbat. E poi via, verso la conquista degli altri “tetti”, fino al 2008, quando arrivò anche la vetta del Manaslu, col quale arrivarono, sempre in coppia, a quota undici cime. Ne mancavano solo tre.
E qui la storia di un record inseguito con tenacia e dedizione lascia spazio alla vicenda tenera e commovente di due alpinisti innamorati l’uno dell’altro, solidali a tal punto da rinunciare ai sogni di conquista d’allori sportivi.
E’ il maggio del 2009 quando, durante la salita del loro dodicesimo “ottomila”, il Kangchenjunga ( 8.586 metri), la terza montagna più elevata della terra, accade l’imprevisto. Romano si sente addosso improvvisamente una debolezza mai provata prima e che gli impedisce di continuare. Sono i primi sintomi di una malattia infrequente e terribile, l’aplasia midollare severa, che provoca una gravissima anemia. “Sali tu, almeno”, propone Romano sfinito alla moglie. “Senza di te non ha senso, gli altri undici ottomila li ho sempre fatti con te”, gli risponde Nives, che invece di proseguire, resta con lui e lo riaccompagna giù, senza alcuna esitazione.
Non fu una rinuncia da poco: conquistato quello, ne mancavano solo altri due di “ottomila” e Nives sarebbe rimasta in piena gara, assieme a un’alpinista basca e a una sud-coreana, per diventare la prima donna al mondo a scalarli tutti. E per diventare, per sempre, la “regina degli ottomila”. Una gara perduta? Rimpianti? Gli hanno chiesto in molti. “Neanche per idea. così abbiamo conquistato il nostro 15° ottomila. Il più importante”, ebbe modo di spiegare la scalatrice, cioè riconquistare la salute di Romano, impresa più complicata che salire l’Everest senza bombole. Una guarigione passata per due trapianti di midollo e centinaia di trasfusioni. Alla fine Romano, con la sua compagna di cordata a fianco, ce l’ha fatta.
I due, che si conobbero in una palestra di roccia oltre tre decenni fa (“galeotto fu un nodo che lui non sapeva fare”, ricorda sorridendo Nives), ripresero a guardare “in alto” non appena i parametri clinici di Romano si furono normalizzati. E nel 2014 arrivò la conquista del dodicesimo “ottomila” il Kanghchenjunga. Quindi sarebbe stata la volta del Makalu, l’anno scorso; prima di mettere, finalmente, i loro piedi sulla cima dell’Annapurna due giorni fa e completare, ancora una volta assieme, l’impresa mai riuscita ad alcun altra coppia al mondo. Perché uno più uno fa sempre più di due.