Pubblichiamo alcuni stralci del saggio di madre Anna Maria Cànopi La ricerca di Dio. Il testo è contenuto nel volume Io sarò l’amore della giornalista e scrittrice Espedita Fisher
Dio, ci sei? E chi sei? Chi sei tu per me? Chi sono io per te? Non c’è persona che presto o tardi nel corso della vita non si trovi davanti a questi interrogativi. La semplice ragione non basta a rispondere, il mistero della vita la trascende. Davanti a tutto ciò che esiste e alla nostra stessa esistenza il primo sentimento è lo stupore: un silenzio attonito, colmo di gioia e di santo timore. (…)
Fin dalle origini, Dio è Colui che parla all’uomo, che cerca la sua compagnia, che lo vuole suo cooperatore, che affida alle sue cure il giardino dell’Eden e con lui dialoga alla brezza della sera. E quando il peccato ha spezzato l’originaria comunione, in molti modi Egli ha continuato a comunicare con lui, cercando sempre nuove strade, senza mai arrendersi. (…)
La vera conoscenza di Dio passa attraverso il Cristo che ce lo ha rivelato; perciò quando si incontra Gesù e si aderisce a Lui quale Verbo del Padre, Via, Verità e Vita, nulla più manca all’uomo pellegrino sulla terra: «Tutto è per noi Cristo!», dice sant’Ambrogio. «Se desideri guarire le tue ferite, egli è il Medico. Se sei oppresso dalla colpa, egli è la giustizia. Se hai bisogno di aiuto, egli è la forza; se temi la morte, egli è la Vita. Se desideri il Cielo, egli è la Via. Se hai fame, Egli è il nutrimento. Gustate, dunque, e vedete quanto è buono il Signore» (De virginitate 16,99).
Incalzante in questo passo è la ripetizione del se. C’è una condizione essenziale per aprirsi all’incontro con Gesù: la povertà, la consapevolezza del nostro essere creature davanti al Creatore, di essere peccatori bisognosi di un Salvatore, di essere smarriti, erranti bisognosi di una Guida. Una povertà di spirito che non si riduce alla povertà materiale, ma che certo la ricchezza di mezzi, propria della società consumista, non facilita. Si è venuta così formando una mentalità dell’autosufficienza che sbarra, almeno in certa misura, la via della fede. I giovani di oggi, che sono cresciuti respirando quest’atmosfera malsana, immersi in una condizione di vita facile e agiata, più facilmente si ritrovano spiritualmente depauperati; appagati delle cose materiali, dei piaceri – dei quali, in realtà, non si è mai sazi – finiscono spesso col diventare schiavi degli idoli del benessere e del successo, i quali, inevitabilmente, al primo urto con le alterne vicende dell’esistenza si frantumano nelle loro stesse mani e li lasciano spezzati.
Sorte migliore sembrerebbe quella di chi non possiede nulla e non ha appoggi umani su cui contare: «Il povero grida», dice un salmo, «e il Signore lo ascolta» (Cfr. Salmo 34,7). Ma il passaggio non è così automatico. Certo, la povertà, anche quella materiale, può essere un’ottima scuola per riscoprire i valori veri della vita.
In tal senso, l’attuale crisi economica potrebbe rivelarsi come l’occasione favorevole per una rinascita spirituale, per opporre alla dilagante cultura della morte – fondata sull’egoismo e sul protagonismo – una cultura della vita, fondata sul dono e sulla gratuità, sull’umiltà e sul servizio. Per questo, però, occorre una scelta libera; occorre abbracciare la povertà, come Gesù ha abbracciato la Croce, per amore. Se la povertà e la dipendenza non sono accettate, se la precarietà della situazione provoca rabbia, invidia, protesta contro Dio e contro tutti, la beatitudine evangelica dei poveri in spirito non si avvera. Dio deve essere cercato per se stesso, perché è il Bene sommo che dà valore a tutto ciò che esiste, e pienezza di quella gioia che non svanisce nemmeno quando è bagnata dalle lacrime.
Cercare il Signore e riscoprirlo sempre, in noi stessi e nel mondo, è dunque la condizione per conoscerlo e conoscersi in Lui; è acquisire i sensi spirituali che gustano la sua bontà, che si deliziano della sua bellezza. Perciò quando l’uomo si incontra col Signore ed entra in intima relazione con Lui contempla in silenzio adorante l’ineffabile mistero e piange di gioia, cantando con la vita il poema dell’infinito Amore.