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domenica 24 settembre 2023
 
L'iniziativa di solidarietà con il popolo palestinese
 

1° marzo, Giornata contro il Muro

01/03/2014  Sono partiti in 25 dall'Italia, guidati dal veneziano don Nandino Capovilla, consigliere nazionale di Pax Christi, per partecipare alla preghiera della Giornata contro il Muro, a Betlemme. Insieme a persone provenienti da tutto il mondo. L'iniziativa è stata ideata dalla “Campagna Ponti e non Muri”.

2004-2014: dieci anni dalla costruzione del muro a Betlemme, in Cisgiordania. E dieci anni di “Un ponte per Betlemme - Giornata contro il muro”, l'iniziativa di preghiera che ritorna ogni primo marzo, ideata dalla “Campagna ponti e non muri”, ispirata dalle parole di papa Giovanni Paolo II che, nel novembre 2003, invocando la pace, disse: “Non di muri ha bisogno la Terra Santa, ma di ponti”.

Sono partiti in 25 dall'Italia, guidati dal veneziano don Nandino Capovilla, consigliere nazionale di Pax Christi (Movimento cattolico internazionale per la pace), da tempo impegnato per i diritti dei palestinesi. «Andiamo a solidarizzare, pregare insieme a loro è il miglior modo per dimostrare la nostra vicinanza. Ben sapendo che qualsiasi cosa si fa in Terra Santa, assume una dimensione politica».

Sabato primo marzo, si sono uniti, assieme a gente proveniente da tutto il mondo, alle celebrazioni organizzate dalle tre parrocchie di Betlemme, Beit Jala e Beit Sahour, dove la presenza dei cristiani è ancora viva, ma messa a rischio dalla scelta di molti di emigrare.

C'è stata la messa sotto gli ulivi a Beit Jala e da lì una processione silenziosa ha raggiunto la parte di muro che costeggia il Caritas Baby Hospital (l'ospedale pediatrico, gestito dalle suore elisabettine di Padova), per la recita del rosario. Si è riposta la speranza nella Madonna, come ha fatto papa Francesco, il primo gennaio 2014, Giornata mondiale per la pace: «A te, Maria, affidiamo il grido di pace delle popolazioni oppresse dalla guerra e dalla violenza, perché prevalgano il coraggio del dialogo e della riconciliazione». Si è meditato sulle parole di Etty Hillesum, a cento anni dalla sua nascita: “Il filo spinato è una pura questione di opinioni. 'Noi dietro il filo spinato? - diceva un vecchio indistruttibile accennando malinconicamente con la mano - Sono piuttosto loro a vivere dietro il filo spinato', e intanto indicava le alte ville, che stanno come guardiani dall'altra parte della recinzione” (Hillesum, Lettere 1942-43).

Sono state ricordate anche le popolazioni civili stremate dai conflitti in vari Paesi: dalla Siria alla Repubblica Centrafricana, dal Sud Sudan, alla Nigeria. Iniziative analoghe sono state promosse, in contemporanea, in varie parrocchie italiane.

La scelta di Beit Jala come luogo di preghiera è fortemente simbolica, perché è situata nella valle del Cremisan, ricca di uliveti, e caratterizzata da una fruttifera e millenaria produzione agricola, oltre che vinicola, curata dai frati salesiani. Una fonte di reddito, quindi, per le 58 famiglie che vi abitano. Nonostante i terreni siano di proprietà palestinese, oltre che di due comunità religiose salesiane, l'amministrazione militare israeliana ha deciso di annetterli. Un ordine del 2006 prevederebbe, infatti, la requisizione dell’area e la costruzione del muro di separazione, giustificate dalla reiterata formula “motivi di sicurezza”.

Mentre padre Ibrahim Shomali, parroco di Beit Jala, ha detto chiaramente che obiettivo del muro «è unire gli insediamenti israeliani di Hilo e Har Gilo, ma questo recherà alla comunità palestinese danni economici imponenti». E mons. Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme: «Il muro che vediamo a Betlemme è traduzione di altri muri nel cuore e nella testa dell'uomo: muro di odio, di paura e di sfiducia».

La Corte Suprema di Giustizia israeliana per il momento ha fatto interrompere i lavori. Ma, dice don Nandino: «La questione è solo rinviata al 30 luglio, tuttavia continuiamo a sperare». E, appunto, a pregare. Le suore del Caritas Baby Hospital lo fanno ogni venerdì. «Cerchiamo di instaurare un dialogo con i soldati di sorveglianza - dice suor Lucia Corradin - ma è difficile. Ci dicono che quello è il loro dovere. A volte, per far loro abbassare il fucile, noi dobbiamo abbassare il rosario».

Secondo Don Nandino, quest'anno c'è qualche motivo in più per essere positivi: il 2014 è stato scelto dall'Assemblea generale dell'Onu come anno internazionale della solidarietà con il popolo palestinese e poi, a breve, ci sarà la visita del Papa. «Certamente, un avvenimento di grande significato, atteso da tutti. Speriamo che lo Spirito Santo gli ispiri le parole giuste».

 
 
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