(Foto Reuters)
Il mondo non è cambiato davvero.
Quelle immagini drammatiche e indimenticabili
hanno causato tremende
emozioni, confusione e disorientamento.
Ma non ne è scaturita una nuova visione
del mondo né una voglia di cambiare
il corso della storia.
Quell’attacco ha dimostrato
le potenzialità
dell’interdipendenza
globale, tanto che nessuno
può più sentirsi sicuro
a casa propria se
altri sono disperati da
qualche altra parte.
Ma pochi hanno capito
quel messaggio
sconvolgente e i leader
ne hanno minimizzato
la complessità,
presentandola come il
risultato di pochi terroristi
pazzi. Eliminati loro
si sarebbe potuti tornare alla vita irresponsabile
del precedente ventennio:
ogni nazione e ogni potere forte difende
i propri interessi e si protegge contro
l’eventuale rabbia degli altri. Non c’è
più stato un attacco terroristico di quelle
proporzioni, ma il cambio climatico
continua a moltiplicare le migrazioni,
le carestie e i disastri naturali; le bugie
della finanza e delle armi mandano il
mondo in bancarotta, il divario tra i più
ricchi e i più poveri cresce ovunque; le
mancate scelte energetiche accelerano
l’ecocidio del pianeta, migliaia di morti
nei nuovi conflitti non generano più
forti emozioni.
L’11 settembre non ha deviato la storia
perché il cambio che servirebbe è
così profondo per l’umanità intera che
non bastano le esplosioni di New York
o Fukushima a convincerci.
Dodici anni dopo la caduta del Muro
di Berlino, a New York l’11 settembre
2001 cominciò la costruzione di altri muri
per separare l’umanità, per non vedere
e non parlare delle vere attese di dignità
e diritti di miliardi di persone. La vittima
più gravemente ferita è stata l’educazione
alle complesse sfide globali. Ed è
l’unica via di salvezza possibile.