Cara prof, ho appena iniziato l’anno e già mi sento demotivata! Insegnerò in due classi prime e in due seconde, in tutto 120 visi sconosciuti da memorizzare, cognomi e nomi a volte impronunciabili e tanti alunni certificati.
Speravo che il calo demografico aiutasse a limitare le classi pollaio, invece, so già che il primo trimestre lo passerò a compilare piani didattici personalizzati e a fare i salti mortali per trasmettere la mia disciplina.
UNA COLLEGA
Risposta di Paola Spotorno
– Cara Collega, ti chiedi come sia possibile che le classi, soprattutto alle scuole superiori e in particolare negli istituti tecnici, siano sempre superaffollate nonostante il calo demografi co. Il mistero è presto risolto: ogni anno vanno in pensione molti docenti che per motivi di spesa non vengono più sostituiti. La Ragioneria dello Stato fa i conti sulle proiezioni dell’Istat che prevedono per il 2030 un milione di studenti in meno e due milioni nel 2050.
Sembra un orizzonte lontano ma, per chi deve fare quadrare i conti, queste date sono dietro l’angolo. Nonostante tutto, però, io credo che la denatalità, da grave problema quale è, potrebbe diventare un’occasione da sfruttare e su cui investire in un’ottica di Welfare State. Mantenendo lo stesso numero di insegnanti (tanti ne escono tanti ne entrano) con queste previsioni demografi che, si possono pensare classi poco numerose di cui prendersi davvero cura.
Con quell’attenzione e quella centralità necessarie per attivare azioni effi caci a contrastare la dispersione e l’abbandono anzitempo dei banchi di scuola. Allora sì che l’appello fatto ogni mattina, di cui parla Alessandro D’Avenia nel suo libro dall’omonimo titolo, potrebbe diventare non una mera ricognizione dei presenti ma un alfabeto di sentimenti ed emozioni che i nostri adolescenti hanno un disperato bisogno di imparare, come purtroppo le cronache estive ci hanno tristemente insegnato.