Finirà pure nei libri dei record sulle gravidanze, ma Annegret Raunigk secondo noi si meriterebbe un bel posto nelle classifiche dei grandi egoisti. A 65 anni la donna di Berlino, insegnante di inglese e russo, già madre di 13 figli, ha pensato bene di “costruirne” (perché questo è il verbo giusto) un altro. Pare che la sua tredicesima figlia di 9 anni le abbia chiesto un fratellino con cui giocare… Peccato che, con sua grande meraviglia, come lei stessa ha raccontato, gli ovuli fecondati sono stati quattro e quindi lei potrà diventare la donna al mondo più anziana per parto quadri gemellare.
Il precedente record infatti è di una donna di 55 anni, mentre per essere la donna più anziana a partorire Annegret non ha speranze (almeno per ora) perché l’indiana Omkari Panwar l’ha fatto a 70 anni.
A dire la verità la signora, la cui storia è stata raccontata dal tabloid tedesco Bild, per un attimo si è chiesta se sottoporsi alla “riduzione” di embrioni, ma poi ha pensato, bontà sua, di proseguire la gravidanza con tutti e quattro.
Tra l’altro la mamma che è anche nonna di sette nipoti a breve andrà in pensione e quindi evidentemente è convinta di aver tempo ed energie per tutti come ha lasciato intendere nell’intervista in cui sprizzava l’orgoglio di questa gioventù protratta…
Alla domanda sulle possibili implicazione la mamma nonna ha risposto seccamente che “ognuno deve pensare per sé stesso”. Certo pensare ai figli che verranno e alle loro vite, salute fisica e ancor più mentale sembra diventato un pensiero obsoleto e sempre più fuori moda anche per chi, magari un po’ più giovane e senza essere candidata al libro dei record, si avvia in un percorso procreativo che ormai pare aver perso alcuna riflessione, se non morale, almeno umana.
Ci immaginiamo già la copertine dei giornali e i titoli raggianti in nome dei progressi della scienza così da invogliare tante altre donne a rivolgersi a un mercato sempre più interessante e lucroso e pazienza se la quotidianità di tanti adulti è solcata dalle false speranza, le metodiche dolorose e pericolose dal punto di vista fisico quando non drammatiche dal punto di vista psicologico. Ma gli adulti, come afferma Annegret “pensano a sé stessi” e quindi sono responsabili delle proprie scelte, ma ai piccoli qualcuno vuol continuare a pensare?