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lunedì 07 ottobre 2024
 
FESTA DEL PAPà
 

«Cari padri in difficoltà, guardiamo all’esempio di san Giuseppe»

19/03/2022  Oggi è il 19 marzo: la riflessione di don Maurizio Patriciello in questo momento complicato per tante famiglie. «Il Santo ha conosciuto dubbi e fatiche, senza però mai perdere la fede e la speranza. Impariamo da lui come lottare»

I misteri di Dio li conosce Iddio, è vero; ma a noi, poveri mortali, è permesso di gettare uno sguardo sui suoi insondabili abissi. «Di Maria non si dirà mai abbastanza», si ripete spesso. E di Giuseppe? Che possiamo dire di quest’uomo che ha fatto del silenzio un eloquente pulpito? Perché Dio volse lo sguardo su di lui? In quel tacere di Giuseppe, la Chiesa, i cristiani e – perché no? – il mondo laico hanno tanto da imparare. Certo, c’è il silenzio di chi non sa dire, di chi non vuole dire, di chi camuffa, tormenta, storpia il suo dire perché non dica quello che andrebbe detto. E c’è il silenzio di Giuseppe, cosciente che troppo piccola e povera è la parola per raccontare l’ineffabile realtà in cui si è ritrovato catapultato. Allora tace. Obbedisce e tace. Lavora e tace. La sua è una vocazione unica e irripetibile, egli è il pioniere che va in avanscoperta a dissodare la strada per la quale dovranno camminare e santificarsi generazioni di cristiani.

Ha conosciuto la fatica e il sudore del lavoro manuale, Giuseppe; anche per questo i poveri lo amano. In questo tempo di pandemia, difficile e per certi aspetti cinico e intrattabile, in cui tanti padri, perdendo serenità e lavoro, facilmente cedono allo scoraggiamento, Giuseppe ci sprona ad andare avanti, a stringere i denti, a lottare, a non perdere la speranza. «Dio è più grande dei nostri cuori», ci ripete. Ci sono giorni in cui anche lui si è sentito schiacciare dal peso della responsabilità, ma non si è mai tirato indietro. Pronto a gettarsi la bisaccia al sulle spalle e partire, pronto a piantare i pioli della tenda per rimanere, pronto sempre e in ogni modo a servire.

Giuseppe è l’uomo giusto. Anche nel momento in cui il dubbio atroce e impossibile gli scorticava il cuore, non essendo a conoscenza del segreto di Maria, egli decise di «licenziarla in segreto», perché nessuno mai le potesse fare male. Quanto abbiamo da imparare da quest’uomo due volte millenario, eppure tanto giovane e moderno. In un Paese come il nostro, in cui la lista dei femminicidi si allunga ogni giorno di più, Giuseppe ci dice che solo la bontà e il perdono hanno diritto di cittadinanza; che la violenza è un vicolo cieco da non imboccare mai. Avvertiamo tutti un’emergenza educativa. L’età dell’oro, che tanti ingenui avevano previsto, fidando e confidando troppo nelle scoperte della scienza e della tecnica, tarda ad arrivare.

Nel mondo, i rumori di guerre,  egoismi e orgogli nazionali; la cinica sopraffazione dei Paesi ricchi su quelli poveri; il doloroso dramma degli aborti ci spronano a continuare a gettare a piene mani semi di Vangelo e di misericordia. La chiave per aprire le porte della pace, della solidarietà, della pietà, dell’amicizia tra i popoli, è custodita nel cuore dell’uomo, un cuore smisuratamente grande che tutte le ricchezze della Terra non potrebbero riempire, ma che sa commuoversi per la carezza di un bambino, un atto di carità. Anche questo ci insegna il falegname di Nazareth. Ecco, socchiudo gli occhi e mi sembra di vederlo giocare con Gesù e di raccontargli dei patriarchi antichi. Li vedo, infine, alzare lo sguardo verso il cielo e lodare e ringraziare il Padre della vita.

 
 
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