Madre Teresa di Calcutta è nata il 26 agosto 1910, anche se ha sempre indicato come data di nascita il 27, giorno del suo Battesimo. Giorno in meno o giorno in più, cade la ricorrenza 1910-2010. Il centenario viene ricordato in tutto il mondo e riferisco solo l’ultima commemorazione che ho visto: nella cattedrale di Washington sono esposte alcune reliquie, prestate alla diocesi della capitale degli Stati Uniti dalle Missionarie dellaCarità di Calcutta. C’è il rosario che la Madre stringeva quand’è morta, il 5 settembre 1997, c’è il crocifisso che appuntava sul sari. L’oggetto più commovente sono i suoi sandali, deformati dai piedi artritici, consunti da migliaia di chilometri nelle strade della miseria, scoloriti dalla pioggia o dalla calura, risuolati più volte, degni della povertà di san Francesco d’Assisi. Tra i fedeli che sfilavano nella cattedrale, molti dimenticavano la macchina fotografica per unire le mani in preghiera davanti a quei ricordi visibili di una esistenza di sacrificio dedicataai più poveri tra i poveri.
Ritrovo tra la documentazione che raccolsi per scrivere due libri sulla Madre, La matita di Dio e , un articolo su di lei, il primo di milioni di altri che negli anni l’hanno raccontata. Sta sulla rivista Katolicke Misije (Missioni cattoliche), quattro foglietti ingialliti in croato, datati dicembre 1928. L’articoletto descrive la partenza di una ragazza verso l’imprevedibile divina avventura cui dedicherà la vita: «Gonxhe Bojaxhiu è un’albanese nativa di Skopje. La chiamata a Dio l’ha sentita al sesto anno del ginnasio. Come san Pietro con le reti, così anche lei ha buttato i suoi libri in nome di Dio. Tutti erano sorpresi, perché era la prima della classe, rispettata da tutti, era l’anima delle donne cattoliche nel coro della chiesa. Si sentiva il vuoto che avrebbe lasciato. Quando è partita da Skopje, sono venute un centinaio di persone a salutarla. Piangevano tutti dalla commozione».
In quelle poche righe ci sono già i tratti essenziali di una personalità che ha segnato il secolo scorso: l’ammirazione per la diciottenne già prima della classe che rinuncia ai libri per seguire la vocazione, il vuoto che lasciava, il pianto che l’accompagnava. A cent’anni di distanza, cosa resta della santa dei poveri? Resta il suo insegnamento di intransigenza evangelica. Noi andiamo con la corrente, lei andava controcorrente. Noi corriamo dietro alle cose, lei s’è privata di tutto. Noi cerchiamo la sicurezza, lei si è esposta a ogni rischio. Ci ha insegnato che ogni vita è sacra, e più sacra è la vita degli ultimi. Il percorso che ci ha indicato è un cambio del cuore. Riflettere su questa rivoluzione può essereil modo migliore per commemorare Madre Teresa di Calcutta.