Bolognese, 44 anni, faccia da simpatico mascalzone secondo la migliore tradizione del cinema italiano, due figli avuti con Laetitia Casta (Orlando, 8 anni e Athena, 5), una cinquantina di titoli tra grande e piccolo schermo. Stefano Accorsi ha fatto già tanto, ma per lui 1992 è stata una svolta. Non solo per la bravura con cui interpreta Leo Notte, il personaggio che attraversa tutte e dieci le puntate della serie Sky e di ritorno per la seconda stagione, 1993, ma soprattutto perché sua è stata l'idea di narrare in una fiction i grandi sconvolgimenti di Tangentopoli.
“Ci pensavo già da tempo. Avevo 21 anni quando scoppiò Mani Pulite”, ricorda l'attore, attualmente impegnato in tournée teatrale con Decamerone: vizi, virtù, passioni per la regia di Marco Baliani. “Prima ero disinteressato alla politica. Mi ritrovai a vivere un momento esaltante, di passione civile e di speranza. L'immagine che mi resta è quella di Paolo Brosio, trafelato, sullo sfondo del palazzo del Tribunale di Milano”.
Va bene la suggestione dei ricordi ma qual è stata la molla?
“Ero stupito che nessuno avesse ancora cercato di raccontare, al cinema o in Tv, tutta quelle cose accadute. Così ne ho parlato col produttore Lorenzo Mieli. Sulle prime non è stato facile, bisognava trovare una chiave. Per arrivare a una forma di racconto apparentemente così semplice, siamo passati attraverso milioni di idee. Volevo mostrare quello che succede nei palazzi e nei corridoi del potere, mostrare il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica. Poi gli sceneggiatori hanno avuto l'idea di mescolare personaggi inventati a quelli reali. Così la narrazione poteva godere di maggiore libertà. Meglio lasciare la Storia con la 's' maiuscola sullo sfondo”.
Avrà brigato per avere il ruolo di Notte.
“Neppure sapevo che esistesse il personaggio. E' un bocconcino che gli autori Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo mi hanno fatto trovare già bell'e pronto. Un dono. Per questo, ci tengo a ringraziarli ancora. Il bello è che fino a qualche anno fa era la Tv italiana che comprava fiction all'estero, adesso invece sono inglesi, francesi, tedeschi, americani e tanti altri che acquistano i nostri titoli. 1992 è già stata venduta in parecchi Paesi e in alcuni è prevista la messa in onda in contemporanea con Sky Italia”.
Chi è, secondo lei, Leonardo Notte?
“Uno che ha il dono di saper cogliere le cose cinque minuti prima degli altri. Non è un caso che Dell'Utri lo scelga. Vieni dal movimentismo bolognese degli anni Settanta, ma poi ha capito che dietro l'ideologia non c'era niente e si è trasferito a Milano, tuffandosi nella pubblicità. Forse per buttarsi alle spalle un passato scomodo. Niente lo ferma. Ma, attenzione: lui e gli altri protagonisti di quel periodo sono sì ubriachi di adrenalina, ma non sono superficiali. E' questo che rende tutto forte e tragico al tempo stesso”.
Non vorrà dirci che ha finito per empatizzare con lui...
“Non potrei mai. Però, gratta gratta, sotto la scorza affiorerà anche il suo dolore, il suo bisogno di essere sempre un po' ebbro, d'inseguire un sogno, per quanto commerciale possa essere. Solo così si spiega l'intuizione con cui riesce a vendere a un maturo inserzionista, che lavora nel campo ferramenta, gli spazi pubblicitari dentro Non è la Rai. Lui capisce che quel genere di programma per adolescenti è in grado di solleticare il voyeurismo degli adulti. 'E la gente, lì fuori, è orribile. Mica come lei e me', sussurra all'inserzionista convinto. Notte è un animale, vede opportunità ovunque”.
A un certo punto il suo personaggio dice: c'è la crisi, la gente non va più al cinema né al ristorante, resta in casa a guardare la Tv. Per noi della pubblicità è l'ideale! Cinico...
“No. Direi piuttosto pragmatico e osservatore. Alla Tv degli anni '80 e '90 si dà spesso la colpa di ciò che oggi è diventata l'Italia, ma non è detto che non valga il contrario”.
E' l'immenso potere di persuasione della Tv che ha fatto nascere il Berlusconi politico. O no?
“Lui è un leader naturale. Notte lo comprende quando, nella scuola privata super esclusiva frequentata da sua figlia Viola, fa quasi per gioco un sondaggio sui dieci personaggi pubblici preferiti. E se perfino tra i ragazzini vince Berlusconi, per costruire un nuovo partito bastano quelli di Publitalia”.
Non c'è il rischio che qualcuno si risenta vedendo la serie?
“Ci sono tanti snodi narrativi, tante sorprese... Comunque, ho messo in conto che i giudizi non saranno univoci”.
Il risultato che spera di ottenere?
“Che la serie piaccia e Sky ci faccia girare 1993, che gli stessi sceneggiatori stanno già scrivendo. Poi, magari, chiudere la trilogia con 1994. Ce ne sono di cose da raccontare”.