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martedì 25 marzo 2025
 
il papa
 

«Noi non vediamo l’aldilà ma Dio ci dona la speranza della vita futura»

02/11/2020  Francesco celebra la Messa del 2 novembre al Camposanto Teutonico in Vaticano: «Nel pensiero di tanti fratelli e sorelle che se ne sono andati ci farà bene guardare i cimiteri e guardare su, e ripetere come Giobbe: “Io so che il mio Redentore vive e io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”». Poi la preghiera per i pontefici defunti nelle Grotte Vaticane

La speranza cristiana è «un dono che dobbiamo chiedere. Io non vedo l’aldilà, ma la speranza è dono di Dio che ci attira verso la vita, verso la gioia eterna». Papa Francesco celebra la Messa nella chiesa del Pontificio Collegio Teutonico di Santa Maria in Camposanto, in suffragio dei defunti, in forma strettamente privata a causa delle misure restrittive legate all’emergenza sanitaria. Nella sua breve omelia, pronunciata a braccio, il Papa è partito dall’immagine della prima lettura di «Giobbe sconfitto, anzi finito nella sua esistenza. La malattia, con la pelle strappata quasi, al punto di morire, quasi senza carne». Ma Giobbe «ha una certezza e la dice: “Io so che il mio Redentore è vivo e che da ultimo si ergerà sulle polveri”. Nel momento in cui Giobbe è giù, giù, c’è l’abbraccio di luce e di calore che lo rassicura», ha detto il Pontefice, «“Io vedrò il Redentore, con questi occhi lo vedrò.” Questa certezza è la speranza cristiana, quella speranza che è un dono», ha spiegato il Santo Padre: «Noi non possiamo averla, è un dono che dobbiamo chiedere: “Signore, dammi la speranza”. Ci sono tante cose brutte che ci portano a disperare, a credere che tutto sarà una sconfitta finale, che dopo la morte non c’è nulla», ha spiegato Francesco, «e la voce di Giobbe torna, torna: “Io so che il mio Redentore è vivo e che da ultimo si ergerà sulle polveri e che io lo vedrò”. La speranza non delude, ci ha detto san Paolo, la speranza ci attira e ci dà un senso alla vita», ha assicurato il Papa, «io non vedo l’aldilà, ma la speranza è dono di Dio che ci attira verso la vita, verso la gioia eterna».

Francesco ha paragonato la speranza ad «un’ancora che abbiamo dall’altra parte: noi, aggrappati alla corda, ci sosteniamo». Questa la metafora con la quale ha concluso la sua omelia in cui a fare da filo rosso alle parole del Papa è stata la frase pronunciata da Giobbe malato, sconfitto e morente: “Io so che il mio Redentore è vivo e che lo vedrò con i miei occhi”. «E questo, ripeterlo nei momenti di gioia e nei momenti brutti, nei momenti di morte», il consiglio di Francesco: «Questa certezza è un dono di Dio, perché noi non potremo mai avere la speranza con le nostre forze. No, dobbiamo chiederla. La speranza è un dono gratuito che noi non meritiamo mai. È dato, è donato, è grazia. Il fine della speranza è andare da Gesù», ha spiegato il Papa, «“E colui che verrà a me io non lo caccerò fuori”: è il Signore che ci riceve, là dove c’è l’ancora. La vita in speranza è vivere così: aggrappati, con la corda in mano, forte, sapendo che l’ancora è laggiù e che quest’ancora non delude. Oggi», ha concluso, «nel pensiero di tanti fratelli e sorelle che se ne sono andati ci farà bene guardare i cimiteri e guardare su, e ripetere come Giobbe: “Io so che il mio Redentore vive e io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. Questa è la forza che ci dà la speranza, questo dono gratuito che è la speranza. Che il Signore ce la dia a tutti noi».

«In questa chiesa veniamo da culture diverse, ma nulla ci ha impedito di incontrarci ed essere felici di stare insieme», ha detto il rettore del Pontificio Collegio Teutonico, Hans-Peter Fischer, salutando il Santo Padre al suo ingresso in chiesa. «Questo è possibile perché Dio ci fa fratelli e sorelle», ha proseguito, «la sua presenza tra noi, come pellegrino tra i pellegrini, è fonte di tanta gioia. Ora vogliamo entrare in sintonia con il suo cuore e il suo insegnamento, accogliendo il grande dono della sua tenerezza di padre e amico».

Al termine della celebrazione, sobria e con pochi fedeli, papa Francesco si è fermato in preghiera nel cimitero prima di recarsi nelle Grotte Vaticane per un omaggio ai Pontefici defunti. Il Camposanto Teutonico è il sesto cimitero visitato da Bergoglio in occasione della commemorazione dei defunti del 2 novembre. Per tre anni consecutivi, nel 2013, 2014 e 2015, aveva celebrato la Messa all’ingresso del cimitero monumentale del Verano. Nel 2016 ha presieduto la celebrazione a Prima Porta. Nel 2017 si è recato prima in visita al cimitero americano di Nettuno, dove sono sepolti i soldati statunitensi caduti in Italia durante la Seconda Guerra mondiale, e poi ha sostato in preghiera nel sacrario delle Fosse Ardeatine. Nel 2018 è stato il primo papa a celebrare una Messa di suffragio per i defunti nel Cimitero Laurentino e l’anno scorso il primo Papa a presiedere la celebrazione del 2 novembre in una catacomba, precisamente all’interno delle Catacombe di Priscilla sulla Via Salaria.

Il Camposanto teutonico è l'unico cimitero all'interno del Vaticano, qui sono sepolte persone di origine austriaca, sudtirolese, svizzero-tedesca, liechtensteinese, lussemburghese, e belga di lingua tedesca, oltre a fiamminga e olandese. Si trova tra la Basilica di San Pietro e la sala per le udienze Paolo VI e si qualifica ancora oggi come il più antico cimitero germanico di Roma. L'area è circondata da un alto muro che racchiude il camposanto nell'area ove un tempo sorgeva il circo di Nerone, luogo simbolico ove molti martiri del primo cristianesimo vennero martirizzati. È probabilmente a quest'epoca che potrebbe risalire il primo utilizzo del sito quale luogo di sepoltura. Nel 799 qui venne posta una Schola Francorum fondata dallo stesso Carlomagno. Per essere sepolti nel cimitero Teutonico bisogna essere di religione cattolica e di madrelingua tedesco o fiamminga, indipendentemente dalla nazionalità, e risiedere a Roma.

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