Ad aprile Roma avrà il suo primo quartiere a luci rosse. La notizia arriva come una bomba a due giorni dalla “Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta, indetta per domenica 8 febbraio da un gruppo di religiosi/e impegnati sul tema.
Si conferma, perciò l’urgenza di promuovere libertà e dignità di chi è schiavizzato, un fenomeno che riguarda circa 20 milioni di persone in tutto il mondo, il 60% delle quali donne e minori; e ogni anno circa 2,5 milioni di persone cadono preda del traffico; il tutto per un giro d’affari stimato in 32 miliardi di dollari, ovvero il terzo “business” più redditizio per trafficanti e sfruttatori, dopo il contrabbando di droga e armi (dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro, e delle Nazioni Unite).
La Giornata è stata presentata in Vaticano martedì 3 febbraio e ha avuto un’anteprima, la sera di venerdì 6, nella Basilica dei Santi Apostoli, a Roma, con la fiaccolata e veglia di preghiera, intitolata “Accendi una luce contro la tratta”. L’iniziativa trova ispirazione nelle parole di papa Francesco: «Ogni essere umano è l’immagine di Dio, Dio che è amore e libertà (..). Ogni persona e tutte le persone sono uguali e la loro libertà e dignità dev’essere rispettata. Ogni relazione discriminatoria che non rispetta la fondamentale convinzione che “l’altro è uguale a me”, costituisce un crimine, e molto spesso un crimine abominevole» (cerimonia Universale dichiarazione contro la schiavitù, Casina Pio IV, 2 dicembre 2014).
«Siamo qui perché vogliamo incoraggiare tutte le persone di buona volontà a unire le forze per fermare questo terribile fenomeno globale», ha detto in conferenze stampa, suor Carmen Sammut, presidente dell’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg).
"I clienti hanno una grande responsabilità in questa schiavitù"
«Le ragazze non chiedono aiuto, vivono nella paura e nella vergogna, in silenzio, un silenzio per noi assordante», ha aggiunto suor Valeria Gandini, missionaria comboniana, attiva in un gruppo di strada siciliano, che cerca di avvicinare le prostitute immigrate, sempre più numerose e sempre più giovani.
«Cosa ci dicono queste donne, bambine, nude, sulle nostre strade, a tutte le ore?», ha aggiunto. «Che nome dare ai clienti, che sono i nostri nonni, mariti, fidanzati, figli, fratelli? Attorno alla prostituzione c’è la criminalità, la mafia, ma c’è anche tanta ignoranza. Tante volte quando presentiamo le vittime, ci sono uomini che dicono che non sapevano. I clienti hanno una grande responsabilità in questa schiavitù, abusano delle ragazze usa e getta, ma pagando il sesso, pagano l’organizzazione criminale che ci sta dietro. Noi che andiamo sulla strada li vediamo (questi uomini), i nonni con la macchina perché sono anziani, i giovani anche in due su un motorino, quelli di mezza età. Giocano, si sfogano e poi tornano, c’è una mancanza di responsabilità. Un uomo che ha bisogno di comprare il sesso, non è uomo. Sono schiavi anche loro del sesso, e non si accorgono che sono sfruttatori. Mi fanno paura».
E sugli uomini insiste: «Un marito che compra sesso non è un bravo marito, un ragazzo non è un bravo ragazzo, così ci prepariamo a un avvenire in cui le nostre famiglie si sgretolano: questi uomini fanno tutto questo di nascosto e così non abbiamo più vere famiglie. Anche loro non si accorgono che diventano i primi sfruttatori. Mi fanno paura i clienti, devono fermarsi, devono riflettere su quello che fanno. La polizia li conosce, però aspetta che le ragazze denuncino, ma loro hanno paura a denunciare, sono ricattate. Ci vorrebbe più fermezza contro gli sfruttatori, i mercanti di sesso».
Presenti anche suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, che nel 2102 ha fondato ed è presidente dell’associazione “Slaves No More onlus”, per la formazione, l’informazione e la prevenzione, la liberazione e la promozione della donna vittima di situazioni che la privano della sua dignità; e suor Imelda Poole, presidente del network di religiosi europei contro la tratta e lo sfruttamento (Renate – Religiuos in Europe Networking Against Trafficking and Exploitation).
Hanno partecipato anche i tre cardinali a capo dei dicasteri vaticani patrocinatori della giornata: Joao Braz de Aviz (congregazione per gli Istituti di vita consacrata e la Società di vita apostolica), Antonio Maria Vegliò (Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti) e Peter Kodwo Appiah Turkson (Pontificio Consiglio della giustizia e della pace).
La data dell’8 febbraio è stata scelta perché è la ricorrenza di santa Giuseppina Bakhita, schiava sudanese, poi liberata, e divenuta religiosa canossiana, canonizzata nel 2000 da Giovanni Paolo II.