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mercoledì 16 ottobre 2024
 
l'anno che verrà
 

Guardiamo al 2024 senza paura

03/01/2024  Il conflitto tra Russia e Ucraina e quello tra Hamas e Israele troveranno una soluzione? Non abbiamo certezze su ciò che sarà. Eppure, dobbiamo coltivare il coraggio della speranza (di Andrea Riccardi)

Si apre il 2024 con timore. Forse con paura. Il mondo è davanti i nostri occhi. Che succederà? Da ogni parte del globo ci raggiungono tante notizie. Ci sentiamo indifesi e vulnerabili. Guerre, terrorismo, epidemie, masse di persone che si spostano, Stati fragili o falliti, crisi ecologiche…

Alla fine si teme che il disordine del mondo, in un modo o nell’altro, “contagi” anche me. Ho scritto “contagio” non solo per le epidemie (il Covid è ancora virulento, nonostante la vaccinazione, difesa che non va trascurata), ma anche perché nel mondo globale tutto si comunica. La guerra in Ucraina e la crisi del grano hanno determinato gravi difficoltà nelle economie di tanti Paesi, come in Africa. Tutto, molto si comunica. E fa paura.

La paura spinge a restringere la propria visione della realtà a sé e pochi altri. Così si spera di proteggersi. Di fronte al mondo (vicino e lontano), si abbassa lo sguardo e ci si fida di leader rassicuranti.

Sono i populismi. Ci si affida a leader populisti che sembrano dare garanzie per il loro carattere. Il populismo è una delega a un leader che mi protegge. Spesso – dice papa Francesco – i populismi tendono ad «accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione». Il gioco politico dei populismi è alimentare le paure da una parte e poi, dall’altra, presentarsi come un presidio di sicurezza. Ha senso tanta paura? Ce lo chiediamo di fronte al 2024.

Nessuno può dare assicurazioni. Né sul futuro di un popolo né sulla vita delle persone. Si legge nel Salmo 144: «L’uomo è come un soffio e i suoi giorni come ombra che passa». La fragilità pervade la vita. Ma lo stesso Salmo afferma che Dio è il nostro «scudo», lui che si cura di noi. Il Natale ci ha ricordato che non siamo abbandonati nel mare aperto della storia, ma che è nato per noi un Salvatore. Con insistenza la Scrittura ripete l’invito a «non avere paura».

Mai la donna e l’uomo sono stati del tutto “tranquilli” nella storia. Eppure un grande pensatore, Zygmunt Bauman, ha parlato della nostra come di una delle stagioni più sicure della storia: «I pericoli che minacciano di abbreviare la nostra vita sono più scarsi e lontani di quanto generalmente non fossero nel passato». È un pensiero che ci aiuta a guardare con serenità il futuro e a non delegare la nostra libertà a leader populisti.

Nel Natale del 2024 si aprirà il Giubileo 2025: “Pellegrini di speranza”. Non è una festa interna alla Chiesa, riguarda la storia dei popoli con le loro tensioni e povertà, ma anche le loro risorse. Chiede coraggio nel guardare al mondo con speranza. Non vuol dire senza realismo. Oggi ci sono ancora risorse di pace e di umanità per renderlo migliore. I conflitti ci preoccupano. Il 2024 sarà l’anno della fine dei combattimenti tra russi e ucraini? Ce lo chiediamo con ansia. Oppure sarà un altro anno di guerra che logorerà l’Ucraina, sottoposta all’aggressione, alle bombe, alla crisi economica, agli esodi?

La Russia è forte, ma ha perduto 315 mila soldati. Quante vite rubate! E perché? Forse la Russia aspetta le elezioni americane del 5 novembre 2024. Se fosse eletto Trump, Mosca potrebbe trarne vantaggio. Più ci si avvicina alle elezioni e meno il presidente Biden ha forza. Riguarda anche la sua capacità d’intervenire sul conflitto israeliano-palestinese. Come sciogliere questo doloroso intrico?

L’offensiva di Israele mira a eliminare Hamas, responsabile dell’aggressione del 7 ottobre e dei rapimenti. Ma la popolazione di Gaza, che paga un alto prezzo di vite umane e sofferenze, sembra in buona parte identificarsi con Hamas, realtà terroristica che però il mondo islamico va riconoscendo come movimento di liberazione. È un nodo inestricabile. Così è la situazione della Cisgiordania, dove l’insediamento dei coloni israeliani (oltre 700 mila inclusa Gerusalemme est) ha ormai portato a una situazione impossibile. La guerra e le morti aumentano la distanza, rendendola quasi incolmabile. La tesi dei due Stati, Israele e Palestina, quella degli Accordi di Oslo, è un grande errore per il premier Netanyahu. Ma è insensato far incancrenire ulteriormente il conflitto. Come si potrà convivere vicini, con tutte le garanzie?

La guerra è stata riabilitata come strumento di soluzione delle contese. Ma non risolve nulla e moltiplica i problemi. Se si continuerà su questa via, il futuro riserverà amare sorprese: forse l’invasione della Guyana da parte del Venezuela di Maduro o un attacco alla fragile Armenia da parte dell’Azerbajan, che rivendica le terre armene. Le guerre cominciano e non finiscono: lo si vede ovunque dallo Yemen al Sudan. La Siria è entrata nel suo tredicesimo anno di guerra. Ci vuole una moratoria: bandire la guerra! È una necessità imposta dalla storia. Lo ha affermato con chiarezza anche papa Francesco: «È l’ora di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’umanità prima che sia la guerra a cancellare l’umanità”.

Il terrorismo è una minaccia grave in varie regioni. Nel Sahel, dove colpisce Stati fragili: Mali, Niger e Burkina Faso. Quando uno Stato crolla è molto difficile ricomporlo. La violenza terroristica si nutre della frustrazione dei giovani, dell’emarginazione di gruppi etnici, ma anche di finanziamenti occulti da parte di poteri forti che mirano a destabilizzare. Il mercato e la produzione delle armi alimentano la violenza folle.

Tutti possiamo contribuire alla pace. Anche la nostra Italia, verso il cui futuro dobbiamo avere maggiore fiducia. Nonostante le povertà e le difficoltà, la nostra economia è una delle più forti del mondo. Non hanno però avuto fiducia quei giovani, fra i 25 e i 34 anni, che sono espatriati tra il 2012 e il 2021: circa 337 mila, la maggioranza meridionali. La sfiducia cresce con le poche opportunità, ma anche con la paura del futuro. Invece c’è gente che vuol venire in Italia, migranti e rifugiati, che la vedono come terra del futuro. Facciamo loro spazio, anche per rispondere alla crisi demografica e alla mancanza di mano d’opera.

I risultati della Cop28 di Dubai sono controversi: non rispondono ancora con nettezza ai rischi climatici che ci minacciano. Tuttavia è avvenuto un fatto positivo: si è guardato finalmente alla “transizione dai combustibili fossili”, all’origine della crisi climatica. Sarà la fine dell’epoca del petrolio e del gas?

Quel poco che si è conquistato a Dubai può diventare molto: è stato un frutto della pressione dell’opinione pubblica, delle Ong e di tanti (tra cui papa Francesco) che non hanno abbassato lo sguardo e hanno insistito sulla crisi ecologica.

Nel 2024 si voterà in 76 Paesi, non tutti democratici. È però un anno decisivo. Gli appuntamenti elettorali ci rendono consapevoli che ognuno ha un peso. La distrazione o l’astensionismo favoriscono il degrado del mondo. La dimenticanza favorisce la cultura della guerra. Possiamo essere protagonisti, anche se piccoli, informandoci, appassionandoci, partecipando. Dobbiamo far sentire il nostro peso per un mondo migliore.

 
 
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