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giovedì 30 marzo 2023
 
L'iniziativa
 

Il Papa ai preti: "La confessione non è una tortura"

18/03/2023  Il Papa apre l'iniziativa "24 ore per il Signore" con un liturgia penitenziale nella chiesa romana di Santa Maria al Trionfale. SI tratta della prima visita a una parrocchia romana dopo la pandemia

Il Papa torna in presenza nelle parrocchie romane per l’iniziativa quaresimale di preghiera e riconciliazione. Durante la notte frequentatissime le chiese che hanno aperto i battenti per ascoltare i giovani e i meno giovani che volevano confessarsi. Lo stesso papa Francesco ha amministrato il sacramento della riconciliazione durante la liturgia penitenziale celebrata nella chiesa di Santa Maria al Trionfale. Nell’omelia aveva rivolto l’invito a «incontrare il Signore e la sua misericordia, nel sacramento della Confessione, come il pubblicano della parabola di Gesù, che prega Dio restando in fondo al tempio, lasciandogli spazio, chiedendo pietà come peccatore, e non come il fariseo, in piedi in prima fila, che celebra sé stesso mascherando le sue fragilità e non lasciandogli spazio perché troppo ricco di sé».

Francesco ha ricordato che Dio ci aspetta sempre per perdonarci, e che la confessione è «un incontro di festa, che guarisce il cuore e lascia la pace dentro; non un tribunale umano di cui aver paura, ma un abbraccio divino da cui essere consolati».

Chiede ai fedeli di non sentirsi migliori degli altri, pieni del proprio io e delle cose che si sono fatte. Chi presume di essere a posto perché va a messa, perché esteriormente fa tutto ciò che deve rischia di non parlare davvero con il Signore e di sostituire Dio con i proprio io. E  allora «anche se recita preghiere e compie azioni sacre, non dialoga veramente con il Signore». Per questo la Bibbia ricorda che solo «la preghiera del povero attraversa le nubi». Chi «è povero in spirito, bisognoso di salvezza e mendicante di grazia, si presenta davanti a Dio senza esibire meriti, senza pretese, senza presunzione: non ha nulla e perciò trova tutto, perché trova il Signore». Non dobbiamo fare come il fariseo che prega in piedi credendosi giusto, che è «sicuro di sé, ritto e trionfante come uno che debba essere ammirato per la sua bravura». In questo modo in realtà, non prega Dio ma «celebra sé stesso: io frequento il tempio, io osservo i precetti, io offro l’elemosina…». Formalmente «la sua preghiera è ineccepibile, esteriormente si vede un uomo pio e devoto, ma, invece che aprirsi a Dio portandogli la verità del cuore, maschera nell’ipocrisia le sue fragilità. Non attende la salvezza del Signore come un dono, ma quasi la pretende come un premio per i suoi meriti». Mettendosi in prima fila «per occupare il suo posto, finisce per andare troppo in là e mettersi davanti a Dio!». Il pubblicano, invece, sta dietro, inchinato e questo riconoscersi peccatore «rispetto alla santità di Dio, è ciò che gli permette di fare l’esperienza dell’abbraccio del Padre». Dio si avvicina «a noi quando prendiamo le distanze dal nostro io presuntuoso». E allora il Papa chiede ai presenti: «Pensiamo: “Io sono presuntuoso? Io mi credo migliore degli altri? Io guardo qualcuno con un po’ con disprezzo? ‘Ti ringrazio, Signore, perché tu mi hai salvato e non sono come questa gente che non capisce nulla’? Io vado in chiesa, io vado a Messa; io sono sposato, sposata in chiesa, questi sono dei divorziati peccatori …”: il tuo cuore è così? Andrai all’inferno!». Per avvicinarsi a Dio «devi dire al Signore: “io sono il primo dei peccatori, e se io non sono caduto nella sporcizia più grande è perché la Tua misericordia mi ha preso per mano”».

Con il sacramento della riconciliazione il Signore si fa vicino e «mentre ci riconosciamo spogli, Lui ci riveste con l’abito della festa». La confessione deve essere qualcosa «che guarisce il cuore e lascia la pace dentro; non un tribunale umano di cui aver paura, ma un abbraccio divino da cui essere consolati»

Per questo, rivolgendosi ai confessori li esorta a perdonare: «Per favore, fratelli, perdonate tutto, perdonate sempre, senza mettere il dito troppo nelle coscienze; lasciate che la gente dica le sue cose e voi ricevete quello come Gesù, con la carezza del vostro sguardo, con il silenzio della vostra comprensione. Per favore, il sacramento della confessione non è per torturare, ma è per dare pace. Perdonate tutto, come Dio perdonerà tutto a voi. Tutto, tutto, tutto».

E come esame di coscienza il Papa chiede a ciascuno di rivolgersi a Dio con la frase «Abbi pietà di me, peccatore». Tutta l’assemblea la scandisce mentre Francesco recita: «Quando mi dimentico di Te o ti trascuro, quando alla tua Parola antepongo le mie parole e quelle del mondo, quando presumo di essere giusto e disprezzo gli altri, quando chiacchiero degli altri, o Dio, abbi pietà di me, peccatore. Quando non mi prendo cura di chi mi sta accanto, quando sono indifferente a chi è povero e sofferente, debole o emarginato, o Dio, abbi pietà di me, peccatore. Per i peccati contro la vita, per la cattiva testimonianza che sporca il bel volto della Madre Chiesa, per i peccati contro il creato, o Dio, abbi pietà di me, peccatore. Per le mie falsità, le mie disonestà, la mia mancanza di trasparenza e legalità, o Dio, abbi pietà di me, peccatore. Per i miei peccati nascosti, per il male che anche senza accorgermi ho procurato ad altri, per il bene che avrei potuto fare e non ho fatto, o Dio, abbi pietà di me, peccatore». Con questo atto di pentimento «ci apriremo alla gioia del dono più grande: la misericordia di Dio».

 
 
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