Sono passati 25 anni dalla morte di
Chico Mendes. Il sindacalista e ambientalista brasiliano è stato
assassinato esattamente il 22 dicembre 1988. Mendes, il raccoglitore
di caucciù divenuto leader e guida del movimento dei lavoratori
brasiliani, si opponeva alla distruzione della foresta e difendeva i
diritti dei popoli che vivono dei suoi prodotti.
Venne ucciso a 44
anni sull’uscio della sua umile casa a Xapurì, nello Stato
amazzonico dell’Acre, una delle regioni più violenti del Paese.
Delle centinaia di omicidi di capi
sindacali che protestavano per i diritti della terra, l'unico per cui
si investigò e che portò a una condanna fu quello di Chico Mendes.
Nel 1990, Darly Alves da Silva, proprietario terriero e allevatore
locale, fu condannato a 19 anni di prigione come mandante
dell'omicidio, mentre il figlio, Darci, ricevette la stessa pena come
esecutore materiale. Non appena i mass media spensero i riflettori,
però, gli omicidi continuarono e, due anni dopo, la condanna a Darly
Alves da Silva fu annullata dalla Corte d'appello statale.
Negli anni successivi alla sua morte
la battaglia per la difesa dell’Amazzonia è diventata patrimonio
di molte associazioni e gruppi in tutto il mondo e dall’elezione di
Lula (compagno di partito di Mendes) alla presidenza del Brasile le
cose sono iniziate molto lentamente a cambiare.
Oggi, dopo quattro anni di
diminuzione, però, la deforestazione dell'Amazzonia è tornata a
crescere. Da luglio 2012 a luglio 2013, sono andati distrutti 5.843
chilometri quadrati di foresta, ovvero il 28% in più rispetto
all'anno precedente (4.571 km quadrati). I dati raccolti
dall'Istituto nazionale di ricerca spaziale (Inpe), che monitora
dall'alto la foresta amazzonica, mostrano chiaramente questo
fenomeno.
Molti sono i "caduti" per la difesa della foresta amazzonica, anche in questi ultimi anni
La causa è da imputare
soprattutto alle attività di taglio illegale. Le zone più colpite
sono quelle di Amazonas, Parà, Mato Grosso e Maranhao. Da parte sua,
la presidente Dilma Rousseff ha confermato, numeri alla mano,
l’impegno del suo governo contro la criminalità ambientale.
Eppure dopo Chico Mendes, molti
altri sono stati i “caduti” sul fronte della tutela ambientale,
tra cui la paolina Dorothy Stang, prima Martire del creato. La suora
è stata assassinata nel 2005 ad Anapu, Stato brasiliano del Parà
che detiene i record nelle deforestazioni, negli abusi dei diritti
umani e nei crimini ambientali.
Di pochi giorni fa è invece la
scomparsa di Ambrósio Vilhalva, leader Guaranì, che lottava per
garantire al suo popolo il diritto di vivere nella propria terra.
Secondo Survival International, l’uomo è stato trovato morto nella
sua capanna, con ferite multiple da accoltellamento. Nei mesi scorsi
aveva ricevuto diverse minacce. Vilhalva si era schierato con forza
contro le piantagioni di canna da zucchero che occupano la terra
della sua comunità e contro Raízen, una joint venture tra la Shell
e Cosan che utilizzava la canna da zucchero per produrre
biocarburanti. La campagna che la sua comunità aveva condotto
insieme a Survival International aveva costretto la Raízen a
rinunciare ad approvvigionarsi della canna da zucchero coltivata
nelle terre Guaranì.
Per arginare la deforestazione
qualcosa possono fare anche i governi del Vecchio Continente. La
Commissione Europea si è assunta l’impegno di ridurre la
deforestazione tropicale del 50% entro il 2020 rispetto ai livelli di
cinque anni fa. Anche l’Italia deve contribuire a raggiungere
questo obiettivo controllando il mercato italiano, un mercato che a
livello mondiale muove oltre 190 miliardi di dollari l’anno.
WWF, Greenpeace, Legambiente e
Terra! hanno denunciato la mancanza di azioni da parte del nostro
governo per fermare il commercio di legno illegale in Italia. Dopo 9
mesi dall’entrata in vigore del Regolamento Europeo del Legno, non
esiste ancora la normativa italiana di attuazione che tutti gli Stati
membri devono emanare. L’Italia è obbligata a tradurre in decreto
un regolamento europeo. La mancanza di sanzioni puntuali vanifica
tutto, e questo significa concedere il via libera all’importazione
e al traffico di legname illegale.