E ora che succederà? Il rischio prescrizione per il processo sui diritti Mediaset in cui è imputato Silvio Berlusconi ha spinto la Corte di Cassazione a fissare l’udienza il 30 luglio prossimo facendo infuriare il Pdl che ora grida al complotto e minaccia di far cadere il governo Letta.
L’ex premier è stato condannato in appello a 4 anni di reclusione (di cui 3 condonati grazie all’amnistia del 2006) e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Se la Suprema Corte confermasse la condanna il Cavaliere dovrebbe abbandonare il seggio al Senato e, quindi, la politica attiva.
Non solo, ma per effetto della legge anticorruzione varata dal governo Monti e votata dal precedente Parlamento, oltre alla decadenza il senatore Berlusconi non si potrebbe neanche più candidare come previsto per le pene superiori ai 3 anni.
Tutto chiaro, quindi? Nient’affatto. La sentenza della Cassazione non sarebbe immediatamente operativa ma dovrebbe passare al vaglio della Giunta per le immunità del Senato. La quale a sua volta potrebbe o prendere atto dell'interdizione e dichiarare, con il voto dei propri componenti, la decadenza di Berlusconi da senatore e la sua incandidabilità per 5 anni. Oppure, come scrive Luigi Ferrarella sul Corriere di mercoledì, provare a cancellare le pene accessorie per analogia in passato con altri indulti.
Se davvero questo accadesse, si andrebbe ad uno scontro istituzionale al calor bianco e dalle conseguenze devastanti.
Un precedente analogo è quello del parlamentare di Forza Italia Cesare Previti colpito nel 2006 da sentenza definitiva di condanna per il processo Imi-Sir e dichiarato «interdetto a vita dai pubblici uffici». Dopo un braccio di ferro iniziale contro l’interdizione da parte del suo partito, all’ultimo momento preferì evitare la conta e scelse volontariamente di dimettersi prima. Passarono comunque diversi mesi.