Gli occhi sono sempre gli stessi, azzuri,
vivaci. Solo un po’ malinconici. Le
treccine rosse non ci sono più e Inger
Nilsson, conosciuta in tutto il mondo per
aver interpretato Pippi Calzelunghe, adesso
ha 51 anni ed è diventata una bella e pacata
signora. Difficile credere che sia stata una temibile
e forzuta bambina, capace di sollevare
un cavallo, sconfiggere i pirati e dormire
con i piedi sul cuscino...
Tuttavia il personaggio le si è appiccicato
addosso in maniera indelebile. E il destino
sembra legarla a quella esperienza anche
adesso che sta girando una fiction a Gotland,
sulla stessa isola che, tra il 1969 e il 1973, fu
il set della serie Tv che la rese celebre.
«Interpreto un’anatomo-patologa per una
serie poliziesca tratta dai romanzi di una scrittrice svedese, Mari Jungstedt, molto amata
nei Paesi nordici ma che in Italia non è
mai stata tradotta».
– Perché un’altra celebre scrittrice svedese
la scelse quasi quarant’anni fa?
«Astrid Lindgren disse che ero la Pippi Calzelunghe
perfetta. Probabilmente apparivo
esattamente come lei se la immaginava. L’ho
incontrata sul set, ma non ha mai voluto partecipare
alla regia né intromettersi nella lavorazione.
Tuttavia sono sicura che non avrebbe
mai accettato una Pippi che non fosse stata
come lei voleva».
– Come è stato entrare nei suoi panni?
«Non è stato affatto difficile ma molto naturale,
e forse sono stata scelta proprio per
questo. Non dovevo quasi neanche recitare.
Gli autori cercavano una certa spontaneità e
in me l’hanno trovata. Non avevo ricevuto
nessuna formazione artistica, solo un po’ di
teatro a scuola».
– E uscirne è stato difficile?
«Non ricordo grossi stravolgimenti nella
mia vita quando smisi di interpretare quel
personaggio. Forse è stato più difficile per le
persone intorno a me, che mi vedevano così
“particolare”. Io semplicemente sono rientrata
a scuola, alla vita normale...».
– Che cosa si può imparare da un personaggio
come Pippi?
«Tanti bambini in tutti questi anni mi hanno
raccontato che da Pippi hanno imparato
soprattutto il coraggio di essere liberi. La sua
grande lezione è proprio l’indipendenza e il
credere in sé stessi».
– Un ricordo divertente e uno meno...
«Era divertente stare sul set con tante persone
intorno a te. Mi piaceva, come mi piace
ancora adesso quando lavoro. Pochi gli aspetti
spiacevoli... Non mi piaceva molto la scimmietta
che stava sempre sulla mia spalla».