papa Pio XI
Il 6 ottobre del 1938 il Gran consiglio del fascismo emette la "Dichiarazione sulla razza', documento che certifica anche da un punto di vista legislativo la campagna antisemita iniziata con il "Manifesto della razza", pubblicato originariamente in forma anonima sul ‘Giornale d’Italia’ il 15 luglio 1938 col titolo 'Il Fascismo e i problemi della razza', quindi ripubblicato sul numero uno della rivista ‘La difesa della razza’ il 5 agosto e firmato da 10 eminenti scienziati. L'Italia diventa quindi ufficialmente un Paese razzista e gli italiani appartengono alla "razza ariana".
Chi è di razza ebraica e chi no
Il decreto stabilisce che è da considerarsi di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei; colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalità straniera; colui che, pur essendo nato da un matrimonio misto, professa la religione ebraica; non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un matrimonio misto, qualora professi altra religione all' infuori della ebraica, alla data del 1 ottobre 1938
I divieti: cattolici ed ebrei non possono sposarsi
La ‘Dichiarazione sulla razza’ stabilisce: a) il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane; b) il divieto per i dipendenti dello Stato e da Enti pubblici – personale civile e militare – di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza; c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri, anche di razze ariane, dovrà avere il preventivo consenso del Ministero dell’Interno; d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio della razza nei territori dell’Impero”
Le discriminazioni
Gli appartenenti alla razza ebraica non possono:
– iscriversi alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private che fossero, frequentate da alunni italiani;
– prestare servizio militare;
– avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini di razza ariana;
. contrarre matrimonio con persone appartenenti ad altra razza;
. essere proprietari o gestori di aziende con dipendenti maggiori di 100 unità;
– essere proprietari di immobili di un valore pari o superiore alle 20.000 lire;
– avere terreni a estimo superiori alle 5.000 lire;
– insegnare nelle scuole di qualunque ordine e grado, esercitare la professione di: giornalista, notaio; alcune eccezioni venivano fatte per altri incarichi, purché si denunciasse la propria appartenenza alla razza ebraica;
– infine, era proibito loro di lavorare per qualunque ente pubblico dello stato, comprese assicurazioni e amministrazioni private.
Deroghe a questi provvedimenti erano concesse a:
– i mutilati, i volontari, gli invalidi o decorati al valore per la guerra in Libia, in Etiopia o Mondiale;
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i componenti delle famiglie dei caduti in tali guerre,
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tutti coloro che risultarono iscritti al Partito dal 1919
Agli appartenenti alla razza ebraica non italiani, ma residenti in Italia viene intimato di lasciare la Penisola entro sessanta giorni. Tutti coloro che verranno sorpresi sul territorio italiano allo scadere dei due mesi, ossia maggio 1940 vedranno aprirsi le porte del campo di concentramento Ferramonti di Tarsia in provincia di Cosenza.
La reazione di Pio XI
Già prima della promulgazione delle leggi razziali, il 6 settembre 1938 in un'udienza concessa ai collaboratori della Radio cattolica belga pronunciò un memorabile discorso che conteneva queste parole: «Ma l'antisemitismo è inammissibile. Spiritualmente siamo tutti semiti". L'Osservatore Romano e Civiltà Cattolica pubblicò il testo omettendo i riferimenti agli ebrei, a testimonianza della prudenza delle gerarchie ecclesiastiche e anche del favore che in una parte degli ambienti cattolici manifestava verso le leggi razziali.
Dopo la promulgazione. Pio XI così si espresse in un'udienza privata al padre gesuita Tacchi Venturi: «Ma io mi vergogno...mi vergogno di essere italiano. E lei padre lo dica pure a Mussolini! Io non come Papa ma come italiano mi vergogno! Il popolo italiano è diventato un branco di pecore stupide. Io parlerò, non avrò paura. Mi preme il Concordato, ma più mi preme la coscienza». Questa volontà avrebbe dovuto concretizzarsi in un'enciclica contro il razzismo, la Humani generis unitas, che però non verrà mai pubblicata a causa della morte del pontefice, avvenuta pochi mesi dopo, il 12 febbraio 1939.