Il 9 agosto del 2017 era una giornata afosa con il sole che, già alle prime luci del giorno scaldava l'asfalto e le bionde spighe di grano. Come quelle dei terreni di proprietà di Luigi e Aureiio Luciani, due fratelli agricoltori di San Marco in Lamis nel foggiano che quella mattina stavano controllando, come facevano ogni mattina. Ma non sapevano che proprio quel giorno quelle spighe dorate sarebbero state macchiate dal loro sangue.
Un commando - tre, forse quattro persone - stava inseguendo un mezzo su cui viaggiavano Mario Luciano Romito, boss della mafia del Gargano e suo cognato Matteo De Palma che gli faceva da autista. Nei pressi della vecchia stazione di San Marco in Lamis i killer fecero fuoco uccidendo i due uomini. Poi indirizzarono i loro fucili contro i due fratelli massacrandoli. Non volevano lasciare testimoni scomodi. Per quella strage è stata condannata all'ergastolo una persona, Giovanni Caterino, considerato il basista del commando.
Questa mattina, come avviene da sette anni, Libera del territorio ha organizzato un momento di memoria e don Luigi Ciotti, presidente di Libera, si è recato sul luogo dove furono uccisi i due fratelli e dove oggi sorge una stele. "Questa - ha detto don Ciotti - è una terra che ha bisogno soprattutto di impegno, di responsabilità e di corresponsabilità. Affidiamo questo compito alla politica, alle istituzioni ma c'è un ruolo importante di noi cittadini. Non possiamo essere cittadini ad intermittenza, a seconda delle situazioni. Ci vuole sempre uno scatto in più. Può ancora accadere quello che è accaduto anni fa. Le mafie oggi sono forti nel nostro paese. Basta vedere l'ultimo rapporto consegnato al parlamento dalla Dia che parla delle meraviglie della nostra terra e della presenza criminale. Nonostante sacrificio e notevoli passi in avanti siamo qui per ricordare persone spazzate via dalla violenza criminale Ma dobbiamo fare una riflessione nelle nostre coscienze per vivere la condivisione unendo le forze e collaborando con le istituzioni".
Questa mattina sul luogo della strage con don Ciotti vi erano le istituzioni della Provincia di Foggia e della Regione Puglia, i vertici delle forze di polizia, Monsignor Giorgio Ferretti, arcivescovo di Foggia e Bovino nella cui diocesi ricade San Marco in Lamis e che ha celebrato la funzione religiosa. C'erano numerosi sindaci del Gargano, e tanti rappresentanti delle associazioni, come il Fai, la Federazione antiracket italiana, che ha dedicato la sede di Foggia proprio a Luigi e Aurelio. Numerosi anche i cittadini che si sono stretti in un abbraccio ideale ai familiari delle due vittime, i fratelli Vincenzo e Alberto, Marianna Ciavarella, vedova di Aurelio e Arcangela Petrucci, vedova di Luigi.
Quest'ultima ha inviato una lettera aperta al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, chiedendole di fare qualcosa per i giovani della Puglia. "Cara Giorgia - ha scritto la vedova - sua figlia ha la stessa età di mio figlio. Glielo chiedo da madre: investiamo concretamente su di loro, non domani ma subito. Convinciamoli che non bisogna essere mafiosi non soltanto perché è giusto ma perché conviene: io ho imparato a mie spese che la mafia arriva e ti toglie tutto. Entra in casa senza bussare. Lo devono sapere tutti, potrebbe succedere a chiunque. Come purtroppo è accaduto a noi. Ma tutti devono essere certi di poter fare affidamento sullo Stato, che sia giusto, che non sia debole con i forti. E forte soltanto con i deboli".
di Luca Pernice