paragrafo 1 Nel 1983, un articolo pubblicato sulla sua rivista ha sconvolto la mia famiglia, in modo radicale. Parlava di una coppia torinese, appena tornata dall’Africa, dopo due anni con la L.v.i.a., un’associazione di volontariato laico, con sede a Cuneo. Raccontavano della loro esperienza di volontariato in Africa e della decisione di chiudere la propria attività economica per donare un po’ di tempo a persone che ritenevano più sfortunate di loro. Quel vostro articolo ha scombussolato la tranquilla quiete della mia famiglia. La nostra, purtroppo, unica figlia, piccolo vulcano di utopia, è partita subito all’attacco: «Perché
non lo facciamo anche noi?». Avevamo un’azienda come i signori di Torino, a lei sembrava tutto semplice: «L’hanno fatto loro, possiamo farlo anche noi».
Io e mia moglie pensavamo che la voglia d’Africa di nostra figlia fosse dovuta ai film di Tarzan, che aveva appena visto, mentre noi grandi eravamo preoccupati per le notizie sulla povertà e le ingiustizie di tanta parte del mondo, che venivano riportate dai media. Il merito di quell’articolo è che ci ha fatto capire che, anche per noi, era possibile fare qualcosa di concreto per i nostri fratelli più bisognosi.
Da lì è partita l’idea di convocare un consiglio di famiglia, sapendo già che un voto, in partenza, era di piena approvazione. Noi grandi, con più problemi, abbiamo dovuto ragionarci su un po’ più a lungo. Dopo una notte di sonno agitato (qui parlo solo
di me), due ore di discussioni ci hanno aiutato a spazzare via tutti i dubbi, raggiungendo l’unanimità. Informarsi - prepararsi - partire è stato lo slogan che n’è uscito. L’indirizzo indicato sulla sua rivista ci ha condotti alla L.v.i.a. di Cuneo, fondata da un grande prete, don Aldo Benevelli.
Dopo un anno di preparazione, subito via per la grande avventura. I due anni programmati si sono moltiplicati. Il “piccolo vulcano” di nostra figlia si è sposata giovane. Un po’ all’africana e con la complicità del suo giovane marito (ora hanno 38 e 39 anni), sono riusciti a “scodellare” sei bei figlioli. Purtroppo, il secondo, che ora ha 17 anni e frequenta il Liceo artistico, è nato con una tetraplegia grave. Ma è lui quello che aiuta tutti noi a sopportare le pene della vita. Nonostante i problemi, le difficoltà e la stanchezza, questa bella famiglia riesce anche a dedicarsi alla parrocchia e ai poveri.
Come vede, non si può dire che la sua rivista non abbia influenzato il nostro percorso. Ci ha fatto capire che si può essere felici anche senza pensare solo a sé stessi e ai propri interessi.
Il messaggio cristiano che voi divulgate è un grande sollievo per le fragilità umane. Un grosso grazie.