È struggente il caso della signora napoletana di 90 anni che ha chiamato la Polizia dicendo di aver subìto una rapina. In realtà desiderava solo fare una passeggiata e non aveva nessuno con cui accompagnarsi. La solitudine, questa condizione innaturale per ogni essere umano, questa capsula che ingabbia l’animo, nell’età che avanza diventa uno spettro. Un proverbio cinese sostiene che «la vita di chi basta a sé stesso è dolce»: ipocrisia di molti proverbi! A parte i casi di manifesta misantropia, la comunicazione e il contatto fisico sono la cinghia di trasmissione della personalità umana.
Nei giovani il vigore, l’intraprendenza e la lievità degli anni verdi tengono lontano la minaccia dell’isolamento. Ma negli anziani... la decadenza fisica, spesso aggravata da acciacchi irreparabili, l’essere spesso e a torto ritenuti l’avanzo di un’esistenza ormai da archiviare con l’ultimo e atteso respiro, sono i prodromi di quella solitudine che troppo spesso è l’unica, cattiva compagnia degli anziani. La frenetica vita di oggi di figli super occupati e di nipoti super intenti a mille impegni e distrazioni fa sì che il tempo e le attenzioni a loro dedicati siano pressoché inesistenti quando, e non è raro, l’anziano non vive addirittura solo o affidato alla cura fredda e mercenaria di una badante.
L’anziano, proprio nel momento estremo in cui si avvicina al fine vita, prova l’anelito, quasi spasmodico, di “sentirsi nella vita”, nei suoni, nelle luci e nelle voci dell’esistenza, di sentirsi protagonista. Camus scriveva: «Non essere più ascoltati: questa è la cosa più terribile quando si diventa vecchi». E chi lo ascolta il vecchio, tante volte considerato con disprezzo un rincitrullito? Ci si priva così della capacità di attingere al bagaglio della sua saggezza, di proseguire la vita dalla vita, con generazioni future sempre più impoverite. Un patrimonio che così si disperde per sempre. Si stima che nel 2050 ogni 100 abitanti ci saranno ben 74 ultra sessantacinquenni. Oggi ve ne sono 38. Il problema di chi non ha più tempo per essere giovani è molto più preoccupante di quanto si pensi.
EDGARDO GRILLO
Sono tanti i temi che tocchi, caro Edgardo. Non solo la solitudine degli anziani, ma anche la preoccupante mancanza di nuove generazioni che proseguano la vita. Io aggiungo solo una considerazione: ci si può sentire meno soli quando l’età avanza se durante la vita abbiamo coltivato noi stessi, intrecciando relazioni, apprezzando l’arte, la letteratura, la musica, la cultura. Facendo spazio anche alla preghiera, alla meditazione e all’amore fraterno. Lo diceva Qoelet nell’omonimo libro biblico: «Ricòrdati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi» (12,1).