Il manifesto realizzato per l'ultima corrida che si è svolta domenica 25 settembre al Monumental di Barcellona è andato letteralmente a ruba. Il dipinto del pittore Miquel Barcelò, che raffigura il toro fuori dall'arena con gli spalti vuoti, veniva staccato dai muri non solo dagli appassionati d'arte (Barcelò è uno degli artisti più quotati di Spagna), ma soprattutto da animalisti e aficionados della corrida.
Gli stessi animalisti e aficionados che si sono ritrovati domenica scorsa per un evento storico: l'ultima corrida di Catalogna. I primi fuori, a protestare come sempre, i secondi questa volta altrettanto indignati, convinti che con questo addio se ne va per sempre anche una parte di tradizioni spagnole.
Lo spettacolo che ha appassionato Goya, Picasso ed Hemingway, e che amato ma soprattutto odiato ritorna sempre nell'immaginario artistico della Spagna di oggi (basta pensare ad album musicali come Tauromaquia di Enrique Morente, il padre di quella Estrella che canta nella colonna sonora del film di Almodovar Volver, o allo spettacolo Arena di Israèl Galvan, originalissimo ballerino e coreografo che si esibirà tra l'altro il prossimo 5 ottobre all'Auditorium di Roma) lascia per sempre la Catalogna, bandita ufficialmente a partire dal primo gennaio 2012. La Catalogna è la seconda regione della Spagna dopo le Canarie, che l'aveva già abolita nel 1991.
Del resto, da un'indagine recente solo il 22% dei catalani si è dichiarato ancora interessato ai toros. Il voto abolizionista nel parlamento catalano del luglio 2010 lacerò l'opinione pubblica catalana e spagnola, ma prevalse grazie ai conservatori nazionalisti del Ciu e terminò 68 voti a 55, condizionato da considerazioni politiche e sotto la pressione di una petizione popolare promossa dagli animalisti.
Domenica 25 settembre, dunque, in occasione della Fiesta della Mercé, tre grandi toreri, fra i quali la leggenda vivente José Tomas, detto il matador loco (il torero folle), sei tori dell’allevamento El Pilar di Salamanca e 20.000 spettatori hanno dato il via a questo ultimo spettacolo dai toni quasi di gala, con biglietti che costavano anche 1.500 euro. L'’arena è poi esplosa quando i tre toreri hanno fatto il giro d'onore sotto le scalinate, il cosiddetto paseillo: applausi, urla e slogan.
Poi l’ultima «Fiesta nacional» è stata inaugurata: come sempre, tre toreri e due tori per uno. Ha aperto lo spettacolo il quarantottenne Juan Mora, vestito di oro e verde, che da solo ha affrontato nell’arena il primo dei sei tori, Burrenito, di 540 chili. Poi è stato il turno di Josè Tomas, 36 anni, il più spavaldo, sopravissuto d’un soffio lo scorso anno a una paurosa incornata in Messico, e che ha scelto i colori oro e nero, in segno di «lutto» per l’abolizione. In chiusura il più giovane dei tre, il catalano ventottenne Serafin Marin, cui è spettato di calare la stoccata di grazia all'ultimo toro, e con essa il sipario sulle tauromachie in terra catalana.
«L'abolizione è una piccola vittoria, ma certo non consola», ha detto uno degli animalisti, Lluis Villacorta, vestito di rosso come il sangue e la sofferenza dei tori: «Quei tori che non moriranno qui moriranno comunque altrove nella penisola iberica o in Francia».