A distanza di oltre 10 anni dall'introduzione della legge (53/2000) che ha permesso anche ai papà di usufruire del congedo parentale non obbligatorio, appare chiaro che questa possibilità non ha un grande successo tra i neo papà italiani.
Secondo i dati più recenti, provenienti da un Rapporto sulla coesione sociale messo a punto dal ministero del Lavoro con Inps e Istat, in Italia sono poco più di 23.700 i lavoratori maschi che hanno usufruito nel 2009 di qualche giorno di congedo parentale, un numero in lieve crescita rispetto al 2008 (erano 19.585) ma ancora molto lontano da quello delle lavoratrici donne (oltre 253.000 richieste nel 2009 dalle dipendenti).
In pratica su dieci mamme che chiedono di allontanarsi dal lavoro oltre il congedo obbligatorio (tre mesi dopo il parto) solo un neo-papà decide di chiedere un permesso dal lavoro, anche a causa del taglio dello stipendio che questo comporta (si riceve il 30% entro i tre anni di età del bambino e fino a un massimo di sei mesi di utilizzo mentre è a stipendio zero se si usa negli anni successivi).
In Lazio c'è la percentuale maggiore di padri che utilizzano il congedo parentale (4.238 richieste a fronte di poco più di 25.000 delle mamme, circa una su cinque) mentre assai minori sono le richieste in Lombardia (solo 3.867 richieste arrivate su 64.810 congedi delle donne lavoratrici). Scarse, in percentuale, anche le domande in Veneto dove dagli uomini sono arrivate 1.872 richieste a fronte di 29.788 con beneficiarie donne.
Le giovani famiglie italiane, quindi, preferiscono ancora il modello in cui il bambino piccolo viene accudito soprattutto dalla madre. Le abitudini potrebbero modificarsi alla luce della recente approvazione da parte del Parlamento Europeo della proposta di legge che prevede, alla nascita del bambino, un congedo obbligatorio di 15 giorni col 100% dello stipendio per i papà in modo che possano prendersi cura del neonato ed assistere la neo-mamma.
In Svezia i padri hanno 30 giorni di congedo retribuito, in Francia ne vengono garantiti 11, mentre in Inghilterra sono obbligatori 3 giorni.
Le norme italiane, a questo proposito, saranno contenute nel progetto di legge bipartisan ad opera delle deputate Barbara Saltamartini (PdL) e Alessia Mosca (Pd) e per il momento prevede solo 4 giorni retribuiti.