Si fa sempre più tesa la situazione a Hong Kong, dove ormai gli scontri fra i manifestanti e la polizia, fino a poche settimane fa limitati ai fine settimana, hanno una cadenza quotidiana e si stanno facendo sempre più violenti.
In queste ore la tensione si è concentrata nel campus del Politecnico dell’Università di Hong Kong, dove centinaia di studenti si sono asserragliati da alcuni giorni circondati dalla polizia. I poliziotti hanno invitato gli studenti a uscire dal campus, ma chi lo ha fatto è stato colpito da candelotti di gas lacrimogeni e da proiettili di gomma. Dal campus sono state lanciate bottiglie molotov contro gli agenti.
Molti studenti che tentavano di allontanarsi dal campus sono stati fermati e arrestati. Il portavoce della polizia aveva avvisato che gli studenti sarebbe stati arrestati perché “sospettati di rivolta”. Secondo il sito Hong Kong Free Press, sarebbero stati arrestati almeno 50 studenti. All’interno del campus, riferisce Ken Woo, vicepresidente del sindacato degli studenti, ci sarebbero ancora 500 persone.
Finora le università di Hong Kong erano rimaste relativamente estranee agli scontri, ma la settimana scorsa ci sono stati incidenti all’Università Cinese.
Intanto l'Alta Corte di Hong Kong ha dichiarato l'incostituzionalità del divieto dell'uso delle maschere introdotto lo scorso mese dalla governatrice Carrie Lam facendo leva sulla legislazione di emergenza. La norma aveva suscitato polemiche. L'Alta Corte ha sancito che il divieto dell'uso delle maschere nelle manifestazioni pubbliche, con la previsione del carcere fino a sei mesi in caso di trasgressione, sia incostituzionale perché è una restrizione dei diritti fondamentali delle persone spinta oltre il necessario.
Le proteste nell’ex colonia britannica, tornata nel 1997 alla Cina con una statuto speciale, sono cominciate a giugno quando il governo presentò una legge che avrebbe consentito l’estradizione in Cina di persone sospettate di vari reati. La legge è stata duramente contestata, perché vista come una minaccia alla libertà e all’indipendenza del sistema giudiziario di Hong Kong. In seguito la legge è stata ritirata, ma ormai le proteste prendono di mira la brutalità della polizia e l’invadenza di Pechino nell’amministrazione di Hong Kong.
Finora le autorità hanno reagito con durezza. Dall’inizio delle proteste di giugno, la polizia ha arrestato 4.401 persone, di cui 3.395 uomini e 1.096 donne, in età compresa tra gli 11 e gli 83 anni. Intanto da Pechino continuano ad arrivare segnali minacciosi. Il governo cinese liquida le proteste come “violenza di massa e attività criminali”. Un editoriale del Quotidiano del popolo titola che la “fine della violenza e del caos sono vitali per il futuro di Hong Kong” ribadendo che “Hong Kong è parte della Cina e il suo destino è strettamente legato a quello della madrepatria”.