Cesare Prandelli ha
vinto il premio l'Altropallone, il pallone d'oro solidale. E se lo
merita, perché si è impegnato davvero per far incontrare il suo
pallone, quello dei campioni e dei milioni, con l'altro pallone,
spiantato, complicato e periferico che lotta per esistere e che
resiste contro la mafia e contro il razzismo.
Gliel'hanno consegnato
a Milano il 27 gennaio, la giornata della memoria, in concomitanza
con "Space" assegnato da Altropallone Onlus alla Casa circondariale di
Bollate per aver fatto dello sport strumento di pace.
Nemmeno quello è un
caso: quando la Nazionale ha giocato in Polonia Prandelli ha portato
Buffon e compagni a riflettere sulla vita a Auschwitz. Perché non
dimentichino ciò che è stato, ma anche perché tengano a mente che
giocare a pallone per mestiere è un enorme privilegio, che rischia
di traformarsi in una bolla d'oro, se si riduce a viaggi che si
esauriscono in partite, aeroporti e campi di calcio.
Prandelli da quando è
Ct lotta perchè così non sia. E se campi devono essere che almeno
siano significativi: con questo spirito in occasioni di trasferte la
Nazionale si è allenata a Rizziconi, Reggio Calabria, sul campo
sequestrato alla 'ndrangheta e affidato a Libera. E poi a Quarto,
Napoli, sul terreno "sgarrupatissimo" della Nuova Quarto
per la Legalità, la squadra sequestrata ai clan nell'operazione
Polvere e affidata in amministrazione giudiziaria dal Pm Ardituro
della Dda di Napoli al presidente Luigi Cuomo, rappresentante di Sos
Impresa.
La squadra di calcio del carcere di Bollate, premiato "per aver fatto dello sport uno strumento di pace". In copertina: Cesare Prandelli in un momento della premiazione di Milano, per l'Altropallone, il pallone d'oro della solidarietà (Foto Ansa).
Prandelli: "Indossare la maglia azzurra è un privilegio e una responsabilità"
Campi che non
assomigliano per niente alle luci di San Siro e che parlano da soli
del degrado che li circonda e della fatica quotidiana di chi li
abita, affrontando sgarbi e intimidazioni.
Quando abbiamo chiesto
a Prandelli di spiegarci meglio le ragioni di questo impegno ci ha
risposto così: "Vorrei che i miei ragazzi non dimenticassero
mai che indossare la maglia azzurra è un privilegio e una
responsabilità. Se qualcuno da qualche parte prova a negare con la
forza e con la prevaricazione a dei ragazzi il loro diritto di
giocare, la Nazionale deve essere lì. Non dobbiamo dimenticare che
quei ragazzi potrebbero essere nostri figli".
Come quasi sempre gli
succede, l'occasione ha imposto a Prandelli di non sottrarsi alle
domande scomode, riguardo ai comportamenti non sempre esemplari dei
suoi. Stavolta, è toccato al gestaccio di Balotelli in rossonero.
Lontano dalla convocazione azzurra Prandelli non deve vedersela con
il codice etico e se la cava con una carezza: "Balotelli è un
ragazzo buono, imparerà, ma con lui ci vuole molto amore". (E un
bravo maestro).