A prescindere da eventuali elementi che non conosciamo e che possono
aver determinato l’atteggiamento del parroco della diocesi ferrarese che
non ha concesso la comunione ad un ragazzo gravemente disabile, è
doveroso richiamare sinteticamente le norme della Chiesa al riguardo.
Un documento della S. Sede del 4/3/1981 afferma che il disabile “deve
essere facilitato a partecipare alla vita della società in tutte le
sue dimensioni e a tutti i livelli, che siano accessibili alle sue
possibilità” (cf EV 7/1144). Un comunicato dei vescovi italiani del
3/6/2003 riguardo alla comunione ai disabili mentali invita a valutare
“le diverse forme con cui la consapevolezza e le disposizioni interiori –
il percepire con il cuore – possono manifestarsi, nel rispetto del
mistero del dialogo che la grazia di Cristo instaura con ciascuna
persona umana” (ECEI 7/942).
A partire da questo testo, l’Ufficio Catechistico Nazionale pubblica un documento
dove si afferma che “i sacramenti, prima di essere sacramenti di
salvezza per l’uomo, sono un segno-presenza di Cristo e della Chiesa.
Sono un segno dell’amore di Dio; un Dio che ama sempre la sua creatura,
prima ancora che questa possa riamarlo” (L’iniziazione cristiana alle persone disabili. Orientamenti e proposte, p. 54).
Benedetto XVI nell’ Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis
del 2007 scrive: “ Venga assicurata anche la comunione eucaristica, per
quanto possibile, ai disabili mentali, battezzati e cresimati: essi
ricevono l’Eucaristia anche nella fede della famiglia e della comunità
che li accompagna” (n. 58). La norma attuale che, nella Chiesa
occidentale dal XIII secolo, riserva l’eucaristia ai battezzati che
hanno raggiunto l’età di ragione (can. 913) si riferisce alle normali
situazioni. Per i disabili mentali questa norma è stata opportunamente
superata con l’autorità del Papa stesso.
Con tutto ciò il pastore deve assicurarsi che il sacramento sia ricevuto
dignitosamente e che si collochi in un contesto familiare e
parrocchiale di verità e di fede.
don Silvano Sirboni
(parroco e teologo)
Come volevasi dimostrare. Solo ieri scrivevamo che per la Chiesa eroica, nel caso specifico quella che rischia la vita ogni giorno per il riscatto dalla criminalità organizzata, l'Italia laica e bene intenzionata non spreca neanche un tweet. Non organizza campagne per i "preti coraggio", tacciono i commentatori arguti e gli autori delle pseudo-inchieste.
Oggi abbiamo avuto la controprova. C'è odore di caso controverso nell'arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, forse si può speculare sul solito prete "cattivo", addirittura nei confronti dei disabili. Ed ecco che partono, puntuali, le paginate. Qualche riga per don Panizza minacciato per l'ennesima volta dalla 'ndrangheta, pagine per lo pseudo parroco persecutore di innocenti.
Non è così? Pazienza. L'esposto alla Corte europea dei diritti dell'uomo è una bufala? E vabbé, mica potremo spaccare il capello in quattro. Tutto va ben, madama la marchesa. Nell'Italia di oggi, dove le famiglie garantiscono il welfare e la Chiesa organizza il sostegno ai migranti e crea fondi contro la crisi economica, prendersela con i preti funziona sempre.
Famigliacristiana.it