Sahal ha 21 anni, viene dalla Somalia ed è arrivato in Italia due anni fa. Dopo aver ottenuto la protezione internazionale ad aprile scorso ha dovuto lasciare lo Sprar, e non aveva né un posto dove andare né un lavoro stabile. La sua operatrice lo ha iscritto alla piattaforma di Refugees Welcome Italia e, grazie alla mediazione dell’associazione, ha trovato una famiglia italiana disposta a ospitarlo.
Da aprile scorso, vive con Laura e suo figlio Riccardo, di 16 anni, a Roma. Un’esperienza che lo sta aiutando a capire meglio l’Italia e a crearsi una rete di rapporti sociali e umani che lo fa sentire meno solo. Contemporaneamente, ha trovato un nuovo lavoro, ha preso la terza media e studia per prendere la patente. «Abbiamo ricevuto tanto e riceviamo tanto da lui. Culturalmente, per noi è un arricchimento» dice Laura. «Sahal gioca alla playstation con mio figlio, parlano, si scambiano esperienze e racconti di vita. Noi gli abbiamo dato la spensieratezza: è qualcosa che molti di questi ragazzi non hanno mai conosciuto. All’inizio non lo capivo. Mi dicevo: “Ma come, giochi e non ti dai da fare? Poi ho compreso che sbagliavo. La spensieratezza che possiamo portar loro è il dono che facciamo. Il dono più grande».
Rispetto all’accoglienza in famiglia aggiunge: «È un modo per permettere a ragazzi come Sahal di non vivere più nell’emergenza, ma di pianificare. E lui lo sta facendo: sta cercando di programmare come può la sua vita, anche quando non sarà più con noi. La sfida del suo futuro è nata nel presente che, nel nostro piccolo, abbiamo contribuito a dargli».
l'accoglienza in famiglia
Sono 120 le convivenze realizzate dall’Associazione, 200 gli attivisti, 18 i gruppi territoriali attivi in altrettante città italiane: sono questi alcuni numeri dei primi tre anni di lavoro di Refugees Welcome Italia, l’associazione che dal 2015 promuove un modello di accoglienza in famiglia, per rifugiati e titolari di altra forma di protezione, basato sul coinvolgimento diretto dei cittadini.
Delle 120 convivenze in diverse parti d’Italia, 31 sono attualmente in corso, di cui 8 sono diventate a tempo indeterminato. In 7 casi, dopo una prima convivenza, la persona accolta è stata inserita in una seconda famiglia. Le regioni che hanno accolto di più sono il Lazio e la Lombardia, mentre la città più ospitale è stata Roma, con ben 30 convivenze attivate.
Le persone accolte sono per la maggior parte titolari di protezione umanitaria (58%), seguiti da rifugiati (20%) e titolari di protezione sussidiaria (16%): mediamente erano in Italia da quasi 3 anni al momento dell’inserimento in famiglia.
Le famiglie “accoglienti” sono principalmente coppie con figli (30% delle convivenze), seguite da persone singole (28% dei casi), da coppie senza figli (23%) e da coppie con figli adulti fuori casa (11%). Il 2018 è stato anche l’anno che ha visto un boom di iscrizioni alla piattaforma come risposta alla politica dei porti chiusi: circa 150 famiglie hanno dato disponibilità ad ospitare un rifugiato nei mesi di giugno e luglio.
Nei primi mesi del 2019 partiranno nuovi gruppi locali in Puglia, Campania, Umbria, Calabria, portando a 15 il numero di regioni in cui l’associazione è presente. Un modello esportabile anche in altri contesti: convivenze solidali, madri sole, padri separati, persone con bisogni complementari.