Moris e Anna in aula (foto Paolo Siccardi/Sync)
«Uffa, voi giornalisti siete terribili», sbuffa Morris con il candore dei suoi sette anni. C’è da capirlo, in fondo. L’assedio di cronisti e fotografi dura da giorni in questo borgo mozzafiato nel cuore del parco del Gran Paradiso. Da quando si è sparsa la notizia che la loro scuola elementare è la più piccola d’Italia: due alunni, Moris, appunto, che frequenta la seconda elementare, Anna, in terza, e la loro maestra, Marzia Lachello, 34 anni. Per raccontare la loro storia mercoledì sera salgono sul palco dell’Ariston di Sanremo per la ribalta più nazionalpopolare che ci sia.
La scuola di Ceresole Reale, un’ora e mezza di macchina da Torino e 1600 metri d’altezza, sono loro, simbolo di un pezzo d’Italia, quella dei borghi di montagna, che lotta tenacemente contro lo spettro dello spopolamento e dell’abbandono. «Tenere aperta la scuola è un investimento per il futuro», assicura Cristiana Cima, 40 anni, assessore all’Istruzione del Comune. Già, perché sulla carta Ceresole conta 163 abitanti ma d’inverno ci abitano non più di 80 persone: molti anziani, pochi bambini, qualche famiglia. Il riverbero dei raggi del sole fa brillare le vette alpine e scioglie lentamente i (pochi, per la stagione) cumuli di neve. A rompere il silenzio c’è l’orologio del campanile della chiesa che segna mezzogiorno. C’è un bancomat («sapessi che lotta abbiamo fatto per averlo», dice l’assessore), l’ufficio postale che è aperto due giorni a settimana, il dispensario farmaceutico, una pompa di benzina self service.
«Anche la scuola ha rischiato di chiudere», spiega l’assessore. «Non trovavo un’insegnante, ne avrò contattati più di cinquanta e tutti mi hanno detto di no». Tranne Marzia che arriva da Locana, distante venticinque chilometri da qui, e ogni giorno fa su e giù da Ceresole. Neve permettendo ovviamente. «Il Comune mi ha messo a disposizione una foresteria nel caso avessi bisogno», dice l’insegnante che ha cominciato l’anno scolastico a settembre con una sola alunna, Anna. «Due giorni dopo è arrivato Moris e la classe, diciamo così, si è allargata».
Marzia, dopo dieci anni da precaria nelle scuole statali della zona, per insegnare qui non ottiene alcun punteggio per le graduatorie professionali. «Non ci penso, come si fa a non innamorarsi di questi posti?», sorride.
L'assessore Cristiana Cima sul balcone del municipio di Ceresole Reale (Foto Paolo Siccardi/Sync)
Per il prossimo anno già quattro iscrizioni
Da una parte c’è la diga che produce l’energia elettrica per l’intera provincia di Torino, dall’altra il versante piemontese del parco del Gran Paradiso con il Colle del Nivolet e ad ovest le Levanne e il confine francese. Ceresole sta in mezzo e può fregiarsi del blasonato titolo di Reale – unico comune d’Italia assieme a Venaria – grazie a Vittorio Emanuele II che qui veniva a cacciare e nel 1856 istituì una riserva reale, antesignana del futuro Parco nazionale che abbraccia tredici comuni (sei in Piemonte e sette in Valle d’Aosta), dove sgusciano camosci e marmotte e d’estate è preso d’assalto da migliaia di turisti. Fu proprio il re nel 1821 a vietare la caccia allo stambecco, salvandolo dall’estinzione e poi diventato simbolo stesso del Parco «Mi fa piacere che gli alunni di Ceresole siano a Sanremo», dice il direttore del Parco, Michele Ottino, «è un modo per far conoscere a tutti quali sono i problemi dei paesi di montagna, il sacrificio che devono fare i ragazzi per spostarsi. Questo pezzo di Italia, però, non deve scomparire». Sulla mulattiera del Vallone del Roc, a Noasca, per dire, c’è la scuola elementare di Borgata Maison, attiva fino al 1962, ora trasformata in un museo aperto ai turisti.
Un passato importante, dunque, e un futuro pieno di incognite. «Le borgate qui intorno sono tutte abbandonate», rimarca l’assessore, «se io venissi ad abitare qui con la mia famiglia la prima cosa che chiederei è se c’è una scuola. Ecco perché tenerla aperta è importante». A parte il trambusto di questi giorni, le lezioni nell’aula ospitata al pianterreno del municipio scorrono via tranquille. C’è la lavagna interattiva multimediale con una webcam per collegarsi e parlare con gli alunni delle altre scuole, due banchi per le lezioni frontali, la cartina geografica dell’Italia, vari libri ed enciclopedie. «Andare via l’anno prossimo? Non credo», dice Marzia, «vorrei portare Anna e Moris in quinta elementare, ormai mi sono affezionata». Nel frattempo, li ha portati al Festival di Sanremo. «Sono timida e non a caso sono venuta ad insegnare qui», spiega l’insegnante, «ci ho pensato a lungo e poi alla fine ho deciso di andare all’Ariston facendo vivere quest’esperienza a loro come un gioco». Non per cantare ma far conoscere la propria storia e i sogni di bimbi di montagna. Moris da grande vuole fare il poliziotto, Anna la guardiaparco. Fino al 2008 la scuola di Ceresole poteva contare dieci alunni ed era statale (la soglia minima è di otto alunni), poi molte famiglie sono andate via e a settembre scorso l’unica alunna iscritta era la piccola Anna. Il Comune non si è arreso e ha chiesto un contributo alla Regione Piemonte: ventiduemila euro all’anno che servono per pagare lo stipendio dell’insegnante. Al resto, dai materiali al riscaldamento, ci pensa il Comune. La scuola di Anna e Moris da statale è diventata quindi “sussidiata”.
«La nostra è un’esperienza di vita», dice Marzia che sui suoi allievi non si sbilancia: «Sono molto bravi entrambi. Anna è molto portata per la matematica». Brutti voti? «Qualche volta ci scappano, sì». Per il prossimo anno sono già arrivate quattro iscrizioni. L’assessore Cima sorride: «Per le piccole realtà di montagna come la nostra la riforma degli enti locali è un colpo letale. Ecco perché la scuola, anche con un alunno soltanto, va tenuta aperta»