Raccomandazione
n. 1: «Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva
eteronormativa (cioè che assuma che l’eterosessualità sia
l’orientamento “normale”, invece che uno dei possibili
orientamenti sessuali). Tale punto di vista, ad esempio, può tradursi
nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una
donna e la sposerà».
Raccomandazione n. 2: «Non dividere gli
studenti (ad esempio per fare un compito) in ragazzi e ragazze, o non
assegnare attività diverse a seconda del sesso biologico».
Raccomandazione
n. 3: «Nell’elaborazione di compiti, inventare situazioni che
facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed
espressioni di genere. Per esempio: “Rosa e i suoi papà hanno
comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2
euro, quanto hanno speso?”».
Raccomandazione
n. 4: «La scuola potrebbe avvalersi dell’esperienza di alcune
organizzazioni esterne, invitando a parlare in un’apposita riunione
d’istituto rappresentanti volontari di varie associazioni (gruppi
contro la violenza o il bullismo, gruppi in difesa dei minori,
associazioni gay e lesbiche)».
Raccomandazione
n. 5: «Nella società occidentale si dà per scontato che
l’orientamento sessuale di un adolescente sano sia eterosessuale.
La famiglia, la scuola, le principali
istituzioni
della società, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano in
mille modi, diretti e indiretti, un orientamento eterosessuale. A un
bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di
una principessa e, se è femmina, di un principe».
L'elenco potrebbe continuare a lungo. Questi sono solo alcuni esempi dei
“consigli”, destinati agli insegnanti delle scuole elementari,
medie e superiori, contenuti nei libretti dell’Unar (Ufficio
nazionale antidiscriminazioni razziali) intitolati “Educare alla
diversità a scuola” pubblicati sotto l’egida della “Presidenza
del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità”.
Il
grimaldello utilizzato è quello della lotta (giusta) al bullismo e all'omofobia
nelle scuole, l’obiettivo però è un altro: aprire a nuove forme di famiglia e insegnare “l’ideologia
del genere” in base alla quale non esiste maschile e femminile e,
indipendentemente dal sesso biologico, ognuno deve avere il diritto
di scegliersi la propria identità e il proprio orientamento sessuale.
Il gender
come materia scolastica, dunque, dove le famiglie, molte delle quali
allarmate da questa deriva, sono completamente tagliate fuori dal
dibattito e da quello che si presenta come un pericoloso
indottrinamento di Stato in barba anche alla nostra Costituzione
(articolo 30) che afferma chiaramente come l'educazione e la
formazione dei figli spetta anzitutto ai genitori.
I
fautori di questa “Strategia nazionale”, avviata dal governo
Monti e proseguita con Enrico Letta, affermano che ce la chiede
l’Europa con la raccomandazione del 2010 (Cm/rec 5) proposta dal
comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. Vero. Anche se
omettono di dire che in quella sede è stato precisato che «una
raccomandazione non è vincolante e non ha conseguenze sul piano
giuridico», semplicemente «consente alle istituzioni europee di
rendere note le loro posizioni e di suggerire linee di azione senza
imporre obblighi giuridici». E soprattutto, la stessa
raccomandazione dice chiaramente che «tali
misure dovrebbero tenere conto del diritto dei genitori di curare
l’educazione dei propri figli».
La
scuola, quindi, non può diventare un campo di battaglia ideologico e
tagliare fuori le famiglie da un ambito educativo così importante e
delicato come l'educazione alla sessualità. Eppure, è quel che sta
succedendo in molte città. Ultimo il caso di Modena dove al liceo
classico Muratori è stata invitata Vladimir Luxuria per tenere una
conferenza senza avere nessun contraddittorio e suscitando le
proteste legittime dei genitori.
Per
stampare questi opuscoli, inoltre, commissionati dal ministero per le
Pari opportunità all'Istituto Beck di Roma, sono stati spesi circa
24 mila euro. Poi il ministero dell'Istruzione, vedendo i contenuti
abbastanza discutibili, ne ha bloccato la distribuzione anche se
molto sono stati già stampati e circolano online.
In
tempi di crisi, con la scuola che avrebbe bisogno di fondi per ben
altre priorità, ecco una spesa inutile. Frutto dell'ideologia e che
non rispetta la libertà d'educazione delle famiglie. Davvero un
pessimo segnale.