Il miracolo di Sant'Antonio Abate.
di Antonio Alizzi
Non hanno creduto ai loro occhi gli abitanti di Sorrento quando il 14 gennaio scorso, nel golfo di Marina Piccola, è stata ritrovata morta la più grande balena mai vista nel Mediterraneo, lunga 19,77 metri. Un evento che ha riportato alla mente dei sorrentini la leggenda di Sant’Antonino abate, monaco benedettino scomparso nel sesto secolo e attuale patrono della città. Si narra, secondo quanto riportato nel 1901 dallo scrittore Federico De Martino nell’opera “Vita di Sant’Antonino abate”, che in un bel giorno d’estate con mare calmo e cielo sereno, successe una forte e straordinaria tempesta che colse di sorpresa alcuni «vispi garzoncelli», i quali si erano allontanati dalla spiaggia, gareggiando «tra loro in ginnastiche destrezze ed in bravure di corso e di coraggio», spingendosi, inconsci di pericoli e sventure, oltre le onde. Qui apparve l’orribile mostro marino che inghiottì uno di loro per poi sparire nel fondo del mare. Gli altri «garzoncelli» scapparono verso la terra ferma, rischiando di non farcela per il notevole sforzo fisico di sfuggire dalla bocca della balena. Una volta tratti in salvo si recarono, secondo la leggenda, dalla madre del loro amico, raccontandogli tutto.
Il sindaco Massimo Coppola.
Sant’Antonino abate, all’epoca frate del monastero di Sant’Agrippino, aprì le porte alla donna. «Si getta ai piedi di Antonino fra lacrime e singulti espone di tratto il dolorosissimo caso e con le braccia distese lo prega, lo scongiura ad ottenerle il riacquisto del figlio perduto» si legge nell’opera letteraria. «Il santo abate, che nell’esuberanza della sua carità non solo accoglieva tutti, ma sentiva altresì come proprie le altrui sciagure, espresse a quella dolorante madre tutto il suo più sentito compatimento», invitandola a non confidare in lui ma «nella infinita potenza e bontà di Dio, da cui tutto si può ottenere con la viva fede e fiduciosa preghiera». Il frate, oggi Santo, non si perse d’animo e accompagnato dalla donna e da alcuni pescatori del luogo pregò sulla spiaggia, fin quando gli uomini, muniti delle loro barche, iniziarono a dare la caccia alla balena, trovandola e portandola a riva. Così, il mostro marino fu aperto in due e dal ventre uscì fuori il fanciullo indenne che Sant’Antonino abate consegnò alla madre, incredula e piangente.
«La storia del nostro Santo Patrono si lega senza alcun dubbio alla recente scoperta della balena, ritrovata nelle acque del Golfo di Sorrento» afferma il sindaco Massimo Coppola. «L'idea è quella di esporre lo scheletro proprio a Marina Piccola, opportunamente montato su una struttura che ne preservi l'integrità e ne sottolinei il valore scientifico, nell'ambito di un progetto di musealizzazione. Ovviamente siamo aperti a ogni eventuale progetto, che miri in ogni caso a celebrare, in chiave ambientale e didattica, la risorsa marina». Una parte di scheletro della balena, descritta nella leggenda, è esposta nella chiesa intitolata proprio a Sant’Antonino abate, mentre ai piedi delle due statue del Santo è presente una raffigurazione del miracolo.