Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 11 ottobre 2024
 
Teatro
 

In Cita a ciegas, Borges e il grande mistero di vite e amori che si intrecciano e si spezzano

09/03/2018  Un nuovo spettacolo della regista Andrée Ruth Shammah ha debuttato il 6 marzo al Franco Parenti di Milano

Una scena vuota. Un muro che si compone e scompone come un libro di Jorge Borges, modificando una scenografia  ridotta all’osso. La storica panchina di piazza San Martin, a Buenos Aires. Un uomo solo e cieco è  seduto, perso a discutere con i suoi pensieri. Non si dice ma si capisce che è lo scrittore argentino Borges, cui lo spettacolo è dedicato. Intorno a lui ruotano i personaggi, che a turno entrano in scena con le loro nevrosi,  i loro destini improbabili, in un labirinto di incontri mancati, su cui ci si interroga se abbia pesato il destino o il caso, che è la chiave di lettura dell’intera storia. Porsi le grandi domande è tipico della cultura ebraica della regista, Andrée Ruth Shammah. Cita a ciegas (Appuntamento al buio), di Mario Diament, ha debuttato il 6 marzo al teatro Franco Parenti di Milano, dove sarà in scena fino al 29 marzo. Un teatro impregnato di filosofia applicata alla vita, nel tentativo più che di spiegarla di trovare soluzioni possibili, parallele. L’interiorità diventa carne, corpo, voce grazie al potere dell’immaginazione in un gioco di non azione che in realtà si scopre essere molto azione. Molte cose non si dicono, si lasciano intuire. Tutto è permeato di un sottile umorismo che mette sale nella storia.

A interpretare Borges uno straordinario Gioele Dix, invecchiato dal suo personaggio, per cui gli applausi scrosciano. Cinico quanto basta, ironico, saggio. Completamente vestito di bianco, figura eterea, spirituale, a segnare quasi idealmente uno stacco non solo fisico ma anche di pensiero dagli altri attori. Uno spazio minimalista, ridotto, dove il lavoro in profondità è fatto sui personaggi e dove il testo, forte e con molte più battute rispetto a come era stato pensato all’inizio, amplia la scena, dilatando lo spazio fisico e temporale. La prima riflessione arriva, impattante, quando Borges/Dix parla della sua cecità: “Non basta vedere, bisogna capire. C’è molta gente che vede ma è cieca”.

In Cita a ciegas Andrée Ruth Shammah scava nell’animo umano alla ricerca del luogo metaforico in cui si sono originate le ferite emozionali. Il primo personaggio che entra in scena e si siede accanto a Borges è un banchiere. L’uomo (Elia Schilton), in piena tempesta emotiva, gli racconta  la sua “vertigine”, l’essersi perso,  a insaputa della moglie, per un'altra donna, più giovane. E qui la domanda su come distinguere la passione dalla sciocchezza, se essere felici o portare avanti rapporti esausti in nome di un finto perbenismo. Una passione che esplode per poi implodere e che porterà l’uomo a stalkerare la ragazza e contestualmente a perdere il lavoro in banca. Borges gli confesserà, da parte sua, di aver amato alla follia, senza riuscire mai a dimenticarla, una donna incontrata trent’anni prima sulla metropolitana a Parigi, di cui aveva poi perso le tracce. Ed ecco uscire i grandi temi: se quello non fosse stato un “incontro mancato” che piega avrebbe preso la sua vita? Sarebbe diventato uno scrittore famoso? Il grande interrogativo è sulla possibilità che esistano mondi paralleli in cui la vita prende una piega diversa e l’essere umano è altro da sé.

Un parallelismo cinematografico che rende l’idea è con il film Sliding Doors, con una commedia in cui è scritto un finale diverso o forse più finali possibili. Il riferimento filosofico è a Democrito e alla teoria della realtà costituita da atomi, il cui incessante movimento li porta ad aggregarsi e a separarsi dando luogo alla nascita, alla trasformazione e alla morte di tutto ciò che esiste. A questo punto il caso o il destino rivela una concatenazione fra i personaggi. “Ogni incontro casuale ha la complessità dell’universo”, dice Borges.  Entrano in scena una ragazza, che si scopre essere la giovane scultrice amata dal banchiere, che a sua volta confiderà a Borges le sue fragilità emotive. Poi la scena si sposta nello studio di una psicanalista, che è la moglie del banchiere, nel cui studio entra la madre della ragazza, accusata dalla figlia di essere stata sposata tutta una vita con un uomo che in realtà non ha mai amato. Un meccanismo sentimentale descritto alla perfezione da Flaubert ne L’educazione sentimentale. Nell’ultimo atto la follia umana si svela nel dramma, il delitto passionale, e il cerchio si chiude lasciando aperti più finali possibili. Borges sulla panchina è raggiunto dalla donna conosciuta trent’anni prima. Lei racconta di aver appena perso la figlia, strangolata dal banchiere. Storia nella storia, Borges arriva a capire che è la donna incontrata a Parigi e mai dimenticata.

Uno spettacolo che è una pennellata di luce su sfondo buio. E che apre alla domanda: “Quando inizia l’inevitabile e finiscono le alternative?”. Secondo Borges, alcune vite sono destinate a incontrarsi per sempre. Prima o poi.

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo