Io svapo, tu svapi, egli svapa. Diamoci da fare con la grammatica
perché “svapare” sarà la parola dell’anno. Per lo meno in Italia, dove
proliferano quei negozietti che
espongono in vetrina apparenti piccoli missili colorati.
Sembrano giocattoli, ma occhieggiano agli adulti. Sono le sigarette elettroniche, ultima moda che affratella i tabagisti incalliti agli speranzosi che ritengono di aver trovato il passpartout per smettere.
Stop alle sigarette tradizionali e vai con il fumo elettronico. Anche se
di elettronico c’è solo il nome, più accattivante della realtà, che
è quella di una sigaretta elettrica.
I negozi si moltiplicano, più di duemila punti vendita in tutto il Paese, tutti in franchising, e le ditte produttrici nascono come funghi, per un fatturato intorno ai 350 milioni.
Qualche scettico potrebbe chiedersi se non si tratti di business momentaneo e niente altro. Ma resta il fatto che gli affari vanno bene, visto che i tabaccai protestano e chiedono regole certe.
E in un Paese come il nostro, che alle regole preferisce il fai da te,
scatta la domanda: vuoi vedere che quella che sembrava solo una moda
rischia di diventare uno stile di vita?
Mah, è ancora presto per affermarlo, ma il sospetto c’è. Chi ha deciso
di provare ne è rimasto almeno affascinato; chi ha deciso per
l’acquisto e la pratica giura che, se non ha smesso di fumare, ha almeno
diminuito il consumo delle bionde a vantaggio del vapore.
Perché di vapore si tratta, da cui il verbo “svapare” al posto di fumare.
Ma come funziona la sigaretta elettronica? Quanto costa
svapare? E dove si può fare? Cominciamo dall’inizio, cioè da una
decina di anni fa, quando in commercio, perfino nelle farmacie, si
cominciò a vedere una simil-sigaretta somigliante all’originale, ma di
plastica. All’estremità, un piccolo foro da cui poter tirare una
boccata senza nicotina.
Insomma, aria vaporizzata e calda, per avere l’effetto di qualcosa
simile al fumo tradizionale. «Non sa di niente» era il commento
sbrigativo degli espertoni tabagisti.
Che, dopo qualche tentativo, ripresero il tradizionale pacchetto
riaffidandosi alle cancerogene bionde. L’insuccesso non ha mortificato i
produttori di filtri elettrici, che studiando meglio la faccen- da
hanno posto l’accento su forma e contenuto.
Le batterie scaldano una resistenza che fa vaporizzare un olio o un gel, e che dà un sapore ora più gradevole.
Quanto alla forma, si è deciso di abbandonare la puerile imitazione della sigaretta per accentuarne l’originalità.
Ecco che si arriva a quella specie di piccoli missili multicolor da cui
aspirare vapore. A rendere tutto più appe- tibile ci voleva qualche
studio sull’innocuità e sui vantaggi (cioè salute e soldi), che potes-
se fare da volano per il lancio in grande stile della simisigaretta.
E c’è poco da ridere, perché il successo è tale che la proliferazione
di negozi fa venire i nervi anche ai più catastro- fisti discettatori
d’economia: il Paese va indietro? Be’, l’unico settore dove vige la
regola opposta è quello della e-sigaretta. Al punto che ora sono in vendita anche il sigaro e la pipa elettronica.
Non a caso, due acuti osservatori ironici della realtà, Lillo e Greg,
non si sono fatti attendere per prendere in giro il fenomeno e nelle
scenette radiofoniche su Radio 2 hanno creato un bizzarro “professore”
che produce whisky elettronico, vino elettronico, patatine fritte
elettroniche ma che poi, da furbetto, preferisce i prodotti originari a
quelli di sua invenzione.