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lunedì 16 settembre 2024
 
Il buco nero della burocrazia
 

Reportage dalle zone terremotate: A un anno dal sisma ancora senza casa

24/08/2017  Notte tra il 23 e il 24 agosto 2016: la terra trema nel Centro Italia. L’epicentro del sisma è nella Valle del Tronto, tra Lazio e Marche. È una catastrofe: tra le macerie si contano quasi 300 vittime. Il 26 e il 30 ottobre tra Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo la terra torna a muoversi con violenza. Interi borghi vengono rasi al suolo, come Arquata, Pescara del Tronto, Castelsantangelo sul Nera. Il bilancio è di 40 mila sfollati. A un anno di distanza, le macerie sono ancora lì. La ricostruzione è lenta e faticosa, ritardata dalla burocrazia. Le soluzioni abitative di emergenza (le casette di legno) richieste sono quasi 3.700: ne sono arrivate circa 400

Al Centro vacanze Domus Mater Gratiae di San Benedetto del Tronto Noemi dorme serena tra le braccia della mamma. Alessandra, 38 anni, la coccola con tenerezza: Noemi è nata il 19 aprile scorso. «Quando c’è stato il terremoto del 24 agosto io avevo scoperto di essere incinta di lei da un mese». Alessandra Pusceddu viveva ad Arquata del Tronto (Ascoli Piceno), il suo compagno Michele è di Castelluccio di Norcia, ha un’azienda agricola e alleva mucche da carne. Lei gli dava una mano, gestendo un negozio di prodotti locali. Del negozio non è rimasto niente. Le mucche sono state portate in una stalla prestata a Norcia. Dopo il terremoto hanno vissuto un periodo in tendopoli, poi quando la popolazione è stata evacuata sulla costa, si sono spostati nella struttura di accoglienza a San Benedetto.

«Pensavo che non sarei riuscita a portare a termine la gravidanza. Le scosse tutti i giorni, lo stress continuo, la paura. Diverse volte sono finita al pronto soccorso». Noemi invece è stata più forte e tenace del terremoto.

Alessandra senza fare niente non riesce a starci. Così, nonostante la gravidanza, si è rimboccata le maniche e ha dato una mano nel campo base di Arquata agli operatori dell’Albero della vita Onlus. All’indomani del sisma, la fondazione, che si occupa di progetti per l’infanzia, ha subito assicurato un intervento a sostegno dei bambini e dei loro genitori nelle comunità di Arquata e Acquasanta Terme, garantendo attività socio-educative quotidiane per circa 70 minori nei campi di accoglienza allestiti. Quando la popolazione di Arquata è stata spostata sulla costa, al Centro Domus, le attività pomeridiane, con giochi e laboratori espressivi, sono continuate a San Benedetto, in collaborazione con la Fondazione Paoletti e la diocesi di Ascoli Piceno.

Alessandra ha un’altra bambina, Emma, 11 anni, che ha nostalgia della sua vecchia casa. Il futuro? Per Alessandra è un’incognita. «Abbiamo fatto richiesta della casetta di legno. Ma non ci è stata assegnata. La nostra casa non è classificata come inagibile, ma il problema è che si trova in piena zona rossa, quindi inaccessibile».

A settembre Alessandra e la famiglia lasciano il Centro Domus: Emma comincia la prima media e la mamma l’ha iscritta alla nuova scuola di Arquata. Ma senza casa assegnata la prospettiva è trasferirsi a Norcia.

«Ci manca la quotidianità, tutto quello che prima davi per scontato. A me piaceva cucinare, è un anno che non mi avvicino a un forno. Mi manca fare le pulizie, invitare gli amici a casa». E confida: «Da un lato voglio tornare ad Arquata, dall’altro sono dubbiosa. Arrivi lì e vedi solo macerie, non è più il posto dove vivevi. Niente è più come prima. Di giorno ti fa un effetto, vedi un po’ di movimento, di gente che va e viene. Ma la sera tutto è buio, silenzio, desolazione, abbandono. E questo mi spaventa». E poi la rabbia, nascosta dietro il sorriso che non viene mai meno, perché Alessandra non è abituata a piangersi addosso.

«Tornare nella vecchia casa è sempre angosciante: ti dà l’impressione di aver perso un anno della tua vita. Il paesaggio è totalmente cambiato». Niente sarà più come prima. Lo sa bene Roberta Pompa, 37 anni di Piedilama, frazione di Arquata, e questo le fa paura. Roberta e suo marito Alessandro hanno quattro figli, Beatrice, Sebastiano, Niccolò e Samuele, di 13, 11, 10 e 5 anni. Alessandro ogni mattina presto parte e va a Trisungo, vicino ad Arquata. Ripara macchine fotografiche, per fortuna i suoi clienti sono in giro per le Marche, non nelle zone terremotate, e il lavoro non gli è mai mancato. Lei durante l’anno ha collaborato con la diocesi di Ascoli per il doposcuola ai ragazzini. Dentro la camera non ci resta volentieri.

Beatrice sguazza divertita nella piscina del Centro Domus. «Qui i ragazzi stanno bene, si sono adattati. Per i bambini è più facile, grazie anche al sostegno quotidiano degli educatori dell’Albero della vita. Ma loro vogliono tornare a casa. Non vedono l’ora di trasferirsi nella casetta assegnata. Per loro è tutta un’avventura. Io invece ho paura per il futuro che ci aspetta là, ci sono tanti punti interrogativi. La casetta di legno è di 80 mq, senza un giardino esterno e noi abbiamo un cane. Sarà attaccata alle altre, non avremo la privacy di prima». Intanto, un punto fermo c’è: ad Arquata lei e suoi figli continueranno ad avere il sostegno dell’Albero della vita. La fondazione ha assicurato che proseguirà l’accompagnamento socio-educativo dei ragazzini ad Arquata e ad Acquasanta fino a giugno del 2018. Tra le attività previste: una ludoteca e un centro di ascolto per le famiglie.

«In albergo», dice Roberta, «manca l’idea di famiglia, il ritrovarsi intorno alla propria tavola, per mangiare tutti insieme e raccontarsi la giornata». Tornare ad Arquata o restare sulla costa: entrambe le scelte sono difficili. Ma di una cosa lei è certa: «Abbiamo bisogno di normalità».

Foto di Valentina Tamborra

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