Accadde un anno fa, il 6 settembre, una domenica. Dopo la preghiera mariana dell’Angelus del 6 settembre, papa Francesco davanti alle notizie che arrivavano di diversi sbarchi di migranti, lanciò un appello alle parrocchie di tutta Europa “ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia”. Un appello subito raccolto nel nostro Paese.
“Da allora - spiega monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes - l’impegno, già significativo per le oltre 22.000 persone accolte accolte in precedenza, grazie anche al Vademecum redatto dal Consiglio permanente della Cei, unitamente all'impegno crescente di molti vescovi, si è allargato ad almeno 30.000 richiedenti asilo e rifugiati, con un impegno che è andato oltre la collaborazione istituzionale con le Prefetture (i CAS) e i Comuni (gli SPRAR), per trovare forme nuove e familiari di accoglienza in parrocchia, per oltre 5.000 richiedenti asilo e rifugiati, e in famiglia per almeno 500 adulti, grazie anche al progetto di Caritas Italiana (Rifugiato a casa mia)”. In Italia, oltre alle centinaia di parrocchie e alle decine di famiglie sono stati oltre 60 gli istituti religiosi femminili e maschili che hanno “ripensato – aggiunge il direttore Migrantes - gli spazi delle loro case o hanno destinato strutture all’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, con una particolare attenzione ai minori, alle donne sole con bambini, alle persone più fragili”.
Tra le tante realtà diocesana a fare un bilancio di questo anno è la Migrantes di Torino dove ad aprire le loro porte sono state molte realtà sul territorio e altre stanno ancora organizzandosi per avviare un’esperienza di ospitalità gratuita. Ad oggi – fa sapere l’organismo pastorale della diocesi torinese in una nota pubblicata su www.migrantesonline.it - sono 255 i rifugiati ospitati gratuitamente e 115 i richiedenti asilo accolti in prima accoglienza CAS in strutture messe a disposizione dalla diocesi.
Delle 255 persone accolte, 135 sono rifugiati (quindi con titolo di protezione riconosciuto) ospitati gratuitamente da 16 parrocchie singole, 8 Unità pastorali, 7 congregazioni, dal Seminario diocesano e dalla Diocesi di Torino. Si tratta di progetti concordati con la Migrantes Torino e ogni singolo beneficiario, con durata media di 12-18 mesi. Altri 80 abitano nell’ex pensionato dei Missionari della Madonna di La Salette, una struttura occupata da rifugiati qualche anno fa, che la diocesi ha deciso di ristrutturare a proprie spese nell’ambito di un progetto complesso che vede lavorare insieme più soggetti del privato sociale e i rifugiati stessi. Altre 40 persone sono ospitate in alloggi messi a disposizione dal Comune di Torino in un progetto gestito dalla Fondazione M. Operti.
“Ogni percorso individuale, sostenuto e finanziato unicamente con risorse private, prevede un lavoro di rete volto al raggiungimento dell’autonomia dei beneficiari. Si tratta – spiega il direttore Migrantes Sergio Durando - per lo più di persone che hanno ottenuto una protezione internazionale e che non sono ancora inseriti sul territorio, soprattutto dal punto di vista lavorativo e alloggiativo. Sono persone fuori da qualsiasi tipo di accoglienza istituzionale, ma che hanno ancora bisogno di aiuto. Uomini, donne sole, donne con figli e qualche famiglia”. Accanto all’ospitalità delle parrocchie e di altre organizzazioni, la Migrantes di Torino ha dato una risposta alle tante famiglie che hanno contattato l’Ufficio per offrire la disponibilità ad accogliere nelle proprie case rifugiati e rifugiate. Attualmente sono 47 i rifugiati , usciti da percorsi di prima accoglienza, ospitati in famiglia, grazie a un progetto con il Comune di Torino, nell’ambito dell’Accoglienza SPRAR. Sono tre i minori non accompagnati affidati, 28 gli adulti in famiglia e 16 gli uomini ospitati dai salesiani.
“Al di là dei numeri, l’esperienza di questo anno ha visto capovolgersi il paradigma dell’accoglienza dei profughi – afferma Sergio Durando, Direttore della Migrantes di Torino -. Non più grandi numeri in poche strutture, bensì poche persone accolte dalle comunità. Si tratta di un’esperienza di prossimità, di conoscenza reciproca, di relazioni che nascono e crescono. Di integrazione. La speranza è che questa esperienza faticosa e importante possa essere solo l’inizio di un processo che incarni il Vangelo dell’accoglienza. Perché l’esperienza vissuta possa non concludersi con l’Anno della Misericordia, ma che diventi un modus operandi”.
In alcune realtà, come la diocesi di Bergamo o di Cremona, in questo anno le accoglienze sono quasi raddoppiate; alcune parrocchie di periferia a Como come a Ventimiglia stanno offrendo un ‘gesto concreto’ di accoglienza di almeno 500 persone sbarcate sulle coste italiane e oggi in cammino verso altri paesi europei.
“Alla luce dei nuovi arrivi e a un’accoglienza istituzionale che ha raggiunto ormai le 150.000 persone (2,5 ogni mille abitanti), la speranza – spiega monsignor Perego - è che l’appello del Papa, a un anno di distanza, alimenti ancora nelle comunità cristiane l’esigenza di ‘gesti concreti’ di accoglienza, nonostante un ‘vento contrario’, alimentato da populismi e informazioni esasperate sul tema migranti e rifugiati che stanno investendo l’Europa, indebolendo la sua storia democratica e solidale”.